Le parole abusate dell’immigrazione
Difficile commentare all’ennesima tragedia degli immigrati nel Canale di Sicilia. Tra qualche anno dovremo dare conto e ragione ai nostri figli e nipoti dei morti del canale di Sicilia, del Golfo di Aden, delle ragazze rapite in Nigeria e di molte altre crudeltà di cui siamo spettatori (sfruttamento della prostituzione, vittime dell’azzardo, distruzione di risorse naturali ecc.). E dovremo dire anche perché non riusciamo ad andare oltre i gradini di questo palcoscenico.
L’operazione Mare nostrum ha il grande pregio di avere imposto con determinazione all’opinione pubblica (privata e politica) il principio per cui ogni vita umana ha un valore immenso e va salvata ad ogni costo senza risparmio di energie e di risorse.
Adesso con altrettanta determinazione occorre che l’Italia si faccia promotrice in Europa dell’elaborazione di un piano di gestione delle politiche migratorie. Non bastano gli appelli televisivi, lo scambio di lettere, gli appuntamenti telefonici tra ministri italiani e commissari Ue. Occorre una visione europea unitaria su un fenomeno che riguarda tutti. E, soprattutto, occorre uno studio per elaborare delle vere e proprie politiche migratorie internazionali.
Non solo perché chi sbarca in Sicilia sbarca in Europa, ma anche perché molti altri Stati hanno lo stesso nostro problema, anche se è meno eclatante perché da noi il fenomeno è impressionante per la modalità (via mare) e il forte impatto numerico (centinaia di persone ogni giorno).
Inutile pensare di potere arrestare in breve tempo i flussi infiniti di persone in fuga da Paesi in guerra o in cui in ogni caso non è possibile vivere dignitosamente, anche se con poche risorse ma comunque da persone libere (sia gli uomini che le donne).
È molto difficile ritenere che si possano modificare i sistemi politici dei Paesi da cui maggiormente si fugge, quanto si tratta di Paesi in cui noi europei “prendiamo” molto a causa delle immense risorse naturali.
Quindi – almeno per ora – dobbiamo entrare nella prospettiva che tutti siamo abitanti del mondo, che nessuno può decidere coattivamente dove ciascuno deve vivere e per quanto tempo, perché di spazio e di risorse ce ne sono per tutti, se li sappiamo gestire e condividere.
Ma questa visione deve essere politicamente elaborata e soprattutto va organizzata: anche se molte persone e partiti non sono di questo avviso, bisogna intanto prendere atto dei nuovi flussi migratori come un dato storico su cui non si può mettere un cerotto.
Mi auguro fortemente che le imminenti elezioni europee diano vita a organismi comunitari in grado di affrontare questo grande tema nell’ottica di una politica internazionale più solidale e generosa.