Le oscillazioni emotive di Giordano De Plano

L’intenso monologo di Vitaliano Trevisan messo in scena dal regista Giuseppe Marini. L'urlo solitario nell’autoreclusione di una stanza-fortino semibuia davanti a un computer
Oscillazioni - nella foto Giordano Di Plano

Sembra un ininterrotto flash-back, un convenire di figure e di pensieri, un flusso di ricordi consumati ad alta voce: quelli di un uomo costretto a fare i conti con la sua esperienza negativa di marito e di padre suo malgrado. Una presa di coscienza di assenza, di fallimento, di abbandono. Quel figlio nato da un matrimonio che egli voleva infecondo, e avuto in maniera ingannevole, decreta la rottura della coppia e la mancata assunzione di responsabilità.

Da quando ha lasciato la moglie che non ha voluto abortire, vive in solitudine Nel coriaceo trincerarsi dietro una crescente anaffettività del sentimento, egli esprime un rifiuto dell’amore che, in realtà, più lo manifesta negandolo, e più ne avverte il bisogno, unica via di salvezza dall’annichilimento.

È questo che leggiamo in Oscillazioni, l’intenso monologo di Vitaliano Trevisan (scrittore, sceneggiatore, drammaturgo e regista teatrale, passato per l’esperienza di attore) recitato da Giordano De Plano (volto noto della serie televisiva Squadra antimafia) e messo in scena dal regista Giuseppe Marini. Quello del protagonista diventa un urlo solitario consumato nell’autoreclusione di una stanza-fortino semibuia davanti a un computer che sembra essere l’interlocutore muto del suo sfogo, della sua autodistruttiva e delirante accusa verso se stesso e il mondo.

Dove nessuna forma di rapporto uomo-donna sembra più possibile, se non il suo surrogato mercificante. Emergeranno pensieri perversi, scellerati, materializzati in un coltello, in una pistola, in un martello, tirati fuori da sotto il tavolo e da un borsone, mentre sembrerebbe farsi largo nella sua mente una follia latente. Perché subentra, al malessere esistenziale, la maniacale preoccupazione che i figli un giorno uccidano il padre come tante cronache ci raccontano oggi dove uomini, poco importa se figli o padri, uccidono mogli e madri  figli e padri e anche animali domestici.

Per giungere all'epilogo che vede l’uomo prendere uno dei grandi orsacchiotti tirati fuori da una botola come regalo per il figlio, verso il quale si avvia con una ritrovata, ma inquietante, pacatezza esclamando: “Tutto suo padre, il naso, la bocca, gli occhi. Se c’è una cosa di me che non mi è mai piaciuta sono proprio gli occhi”.

Giordano De Plano è appropriato nel ruolo. Ha una forte presenza scenica, e conferisce al suo personaggio una concitazione dapprima calma, poi delirante, non priva di accenti ironici, con un controllo gestuale ricco di sfumature, di sussulti umorali, ma con le parole a volte, troppo “dette”.

Al teatro Belli di Roma, fino al 24 febbraio

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