Quando le notizie fanno il cambiamento

Non è buonismo e non è seppellire gli scandali, il giornalismo sociale è diventato la voce di chi i problemi li risolve per il bene della comunità

I problemi disciplinari nelle scuole pubbliche statunitensi sono una vera e propria piaga sociale: non passa giorno che uno o più servizi giornalistici raccontino la quotidianità tragica di scuole che si misurano con espulsioni, criminalità, spaccio di droga, vandalismo e talvolta sparatorie e omicidi. Notizie appetibili e che fanno audience secondo la teoria classica del giornalismo, e invece le ricerche delle università di Quinnipiac e dell’Indiana hanno mostrato che l’eccesiva esposizione a fatti di questo genere è la causa dell’allontanamento dei lettori dagli organi di stampa perché «sono incapaci di mostrare le soluzioni originali che le comunità e i singoli hanno trovato a problemi schiaccianti».

 

E così il Seattle Times, uno dei principali quotidiani dello stato di Washington ha deciso di raccontare le scuole che funzionano, quelle che hanno ridotto le sospensioni da 700 giorni all’anno ad appena 8, quelle dove i poliziotti sono diventati mediatori educativi e quelle dove forum pubblici tra studenti e insegnanti hanno visto il declino delle risse e del bullismo. Il giornale nel giro di pochi mesi ha dovuto aprire un’intera sessione dedicata ai progetti educativi di successo e nell’ultimo anno ne ha dedicata una anche al mondo dei barboni e dei senzatetto che sono riusciti a ritrovare una dignità o che, al contrario, sono stati di sprone a una comunità per prevenire situazioni che ne accrescessero i numeri. Non si tratta solo di buone notizie, ma di «storie che identificano una malattia sociale e i rimedi che le persone mettono in campo creando di fatto soluzioni durature che incidono sulla comunità», spiega David Bornstein, direttore del Seattle Times che ha voluto sperimentarsi «nel giornalismo sociale non solo per cercare nuovi eroi, ma per mostrare con statistiche, esperti e fatti che la gente sa rimediare ai problemi, sa intraprendere un cambiamento e sa alimentare la speranza».

 

Bornstein, che ha un blog dedicato al Social Journalism (Giornalismo sociale) pure sul New York Times, ha verificato che i giornalisti desiderano raccontare i cambiamenti sociali senza nascondere i disagi o gli scandali, ma non vogliono neppure limitarsi solo a quelli. E poiché il business delle organizzazioni no profit e il volontariato mostrano numeri più in crescita, anche i lettori desiderano leggere e guardare le metamorfosi messe in atto dalle loro scelte civili.

 

Dawn Blackman era la classica donna di città che fino al 2003 non sapeva nulla di giardinaggio e agricoltura: vendeva vestiti. In un quartiere di Champaign, una cittadina dell’Illinois, considerato un deserto alimentare perchè vi trovi tutto il cibo spazzatura  ma neppure una mela, Dawn ha regalato dei piselli a 10 bambini del quartiere che si fermavano a bere da lei. Ha capito che per loro era una novità perchè non avevano nessuna idea di come nascessero i piselli: per loro erano solo dei surgelati. Assieme alla sua giovane squadra, la donna, li ha piantati in un’aiuola vicina e dopo qualche mese vi hanno aggiunto patate e pomodori. Iniziato in maniera artigianale il piccolo orto è diventato oggetto di studio di un giovane universitario ed è poi stato preso sotto l’ala protettiva del master di giardinaggio dell’ateneo dell’Illinois. Nel 2006 è giunta però l’ingiunzione di pignoramento, ma la comunità è riuscita a salvare il progetto e oggi sono 72 gli orti che distribuiscono cibo a più di tremila persone. L’esperienza del coltivare insieme ha aiutato l’integrazione nel quartiere, dove si parlano ben otto lingue diverse, ma il lavorare la terra ha reso tutti uguali.

La storia degli orti sociali è stata intercettata dal Monitor, un quotidiano online che si è dato come mission quella di rintracciare persone ordinarie in grado di apportare straordinari cambiamenti e infatti la diffusione di questa notizia ha innescato un fattore emulazione non solo in altri quartieri che aggiungeranno 12 nuovi orti in più, ma anche in altre 100 città.

 

Il focus del giornalismo sociale si sposta «dal sensazionale al fondamentale», spiegano i creatori di De Correspondent, una start up di news online che ispiratasi all’esperienza di Seattle ha inaugurato la sua piattaforma ad Amsterdam e attraverso una raccolta fondi sponsorizzata sul web ha ricevuto un milione e 700mila euro inviati da 19 mila sottoscrittori. «Puntiamo ad una visione costruttiva del mondo e ci rifiutiamo di speculare sulle paure. Lavoriamo per scoprire le forze segrete che danno forma e sostanza alla nostra società». E queste forme segrete attraggono sempre più lettori, infatti i follower di De Correspondent sono diventati 34 mila in meno di 4 anni e il trend è in crescita anche per tanti dei giornali che ispirano i propri lettori ad essere attori di cambiamento sociale.

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