Le nonne adottive del Mugello

Un’esperienza lunga 13 anni di accoglienza e reinserimento per donne in difficoltà. La ricchezza e la creatività di un legame che crea famiglia. A Borgo San Lorenzo, provincia di Firenze  
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“Ora devo andare, a casa ho la nonna che mi aspetta!”. A pronunciare questa frase è un piccolo etiope, con la pelle d’ebano e il sorriso smagliante. Apparentemente è una cosa normale detta da un bambino di qualsiasi nazionalità. La splendida stranezza sta nel fatto che la nonna in questione sia un’italianissima signora del Mugello.

 

Nasceva 13 anni fa a Borgo San Lorenzo (FI) l’associazione Il Granello di Sale che, fra i suoi progetti, ha attivato l’originale iniziativa “Donne e dintorni”. Dal 2011 Il Granello di Sale offre alloggio temporaneo e in co-housing alle donne che, in Mugello, si trovano in situazioni di grave difficoltà: vittime di violenza domestica, anziane sole, madri senza un compagno e con problemi economici.

 

“La nostra associazione – spiega Francesca Lippi, una delle fondatrici – è nata con tre ambiti: culturale, artistico e sociale. Abbiamo aperto ‘Il mio giornale’, periodico cartaceo divenuto ora magazine online, e abbiamo prodotto numerose canzoni, specialmente contro la violenza domestica sulle donne e l’infibulazione”. Se già gli aspetti culturali e artistici dell’associazione avevano uno sfondo sociale, da 6 anni l’impegno è cresciuto, con l’apertura di Casa Cristina a Ronta, frazione di Borgo San Lorenzo. “In questa casa – continua Francesca – vive una signora di 89 anni insieme ad una giovane donna etiope e al suo bambino. Ci sono volontari che vanno due volte alla settimana a dare una mano per fare la spesa, portare la signora dal medico o altre necessità”. L’esperienza, rivelatasi positiva per entrambe le parti, ha portato nel 2015 all’apertura de Il Nido, una seconda casa in cui vivono attualmente una signora di 83 anni con un giovane Marocchina e i suoi tre bambini.

 

A volte gli abitanti del piccolo borgo guardano con sospetto le giovani straniere e i loro figli. In altre occasioni, intessere rapporti è più semplice. Sicuramente, rispetto all’impatto di una casa di prima accoglienza per rifugiati, questa situazione ha un impatto meno drastico sulla realtà territoriale. “Non facciamo prima accoglienza ai migranti – specifica Francesca – ma siamo nel secondo step: aiutiamo quelle donne che vogliono integrarsi a trovare un lavoro, mandare i figli a scuola e avere una famiglia”. E il beneficio risulta duplice. “Da un lato le donne straniere hanno qualcuno che le aiuti ad integrarsi nella società italiana e i bambini hanno una nonna, dall’altro le nonne non sono sole. La prima nonna arrivò molto depressa, adesso è cambiata: ha ricominciato ad uscire, va alla messa, vizia il suo nuovo nipotino. E la signora etiope che sta con lei ha trovato un lavoro e contribuisce al mantenimento della famiglia. Anche il bambino sta crescendo ben amalgamato nel contesto, tant’è che ha festeggiato il suo compleanno invitando a casa i compagni di scuola”.

 

Punto cardine del progetto è il rapporto di affetto e fiducia che si crea con questa convivenza. Francesca prosegue raccontando che “nella seconda casa la nonna è cattolica e la donna marocchina è musulmana: è normale assistere a dialoghi in cui la nonna suggerisce ‘Se vuoi trovare lavoro devi toglierti il velo’. Si instaura una confidenza che porta ad un’integrazione molto più radicale, ma anche ad un senso di protezione delle nonne nei confronti delle loro coinquiline e, ancor di più, dei bambini”.

 

Il sostentamento delle strutture non è sempre facile e scontato, specialmente finché le donne ospitate non trovano un lavoro. Francesca sottolinea che senza l’aiuto dei soci non sarebbe stato possibile far sopravvivere questa realtà. “Anche se l’associazione è nata in Toscana, abbiamo piccoli gruppi di soci sparsi per l’Italia. Fondamentale è quello sardo, che ci ha aiutati moltissimo in questi anni raccogliendo fondi per il nostro progetto”.

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