Le minoranze eviteranno lo scontro di civiltà

La strage di Capodanno ad Alessandria d’Egitto non può far dimenticare l’inestimabile ruolo delle piccole comunità cristiane sparse nel mondo.
scontri in egitto dopo strage cristiani

L’emozione è tanta ad Alessandria, a Baghdad, a Lahore, a Jos… cioè nelle numerose città in cui le minoranze cristiane stanno vivendo momenti estremamente difficili, attaccate come sono da diverse parti per motivi che, il più delle volte, appaiono francamente inattendibili. Ogni situazione è diversa, ogni Paese ha la sua storia e le sue dinamiche, ogni nazione deve combattere contro i suoi radicalismi. Guai a fare di ogni erba un fascio, guai a credere che stia emergendo un’incompatibilità tra mondo islamico e mondo cristiano. Guai, soprattutto, a credere che la sfida sia ormai tra mondo musulmano e mondo cristiano, quest’ultimo identificato col mondo occidentale.

 

È quest’ultima, infatti, l’equazione che il fanatismo islamista – qaedita, salafita o wahhabita che sia – sta cercando di diffondere nel mondo intero all’inizio di questo III millennio. La caduta delle Torri gemelle è sembrata a non pochi osservatori sia occidentali che del mondo islamico, come il suono del gong che ha dato il via alla competizione tra una presunta civiltà occidentale cristiana e un’altrettanto presunta civiltà mediorientale musulmana. Dimenticando da una parte che i confini tra le civiltà sono sempre più permeabili e mobili, e dall’altra che gli imponenti flussi migratori di questi ultimi decenni stanno portando ad un profondo rimescolamento delle distinzioni tra etnie, tra razze, tra culture, tra credenze. Nel 2003, la sciagurata seconda guerra del Golfo sembrava avvalorare la tesi dello scontro di civiltà, con la grottesca contemporaneità dell’appello al proprio Dio di un George W. Bush voglioso di menar le mani contro il terrorismo e di un Saddam Hussein desideroso di riunire dietro a sé il mondo islamico. Due uomini, guarda caso, provenienti da trascorsi non certo di impegno religioso. Due “convertiti”, insomma, che miravano a riunire dietro a sé più i “fanatici” dei rispettivi campi che i “religiosi”. In parte riuscirono nel loro disegno.

 

A scombinare le carte fu un uomo sul declinare della vita, annichilito da un Parkinson impietoso e da una vita di grande sacrificio e sofferenza. Ricordiamo tutti qull’8 dicembre 2003, quando ormai si evocava la guerra da più parti. Inerme, senza più la capacità di articolare a lungo le parole, papa Wojtyla lasciò cadere i fogli del discorso preparato dinanzi alla statua dell’Immacolata a Piazza di Spagna e gridò più volte il suo no alla guerra. Non fu ovviamente ascoltato, ma con quelle parole mandò in frantumi l’identificazione cercata da Bush e Hussein tra cristianesimo e Occidente. Non si poteva più “appiattire” il cristianesimo sull’Occidente.

 

Oggi, purtroppo, l’equazione dello scontro di civiltà viene riproposta con le bombe. Guai a cedere, anche questa volta. Un’altra voce, allora, si leva, fragile anch’essa e carica di anni, non più con l’accento polacco ma con quello della terra tedesca. Benedetto XVI invoca la libertà religiosa nel suo messaggio per la giornata mondiale della pace 2011. La evoca per tutti, nessuno escluso, richiamando evidentemente per i cristiani un’attenzione particolare, perché in tanti punti caldi del globo le sue comunità sono attaccate in modo spesso cruento, fino a dar la morte a tanti fedeli.

 

Certo, il cristiano è un “tipo umano” particolare, per il quale Gesù Cristo definì beatitudine l’essere perseguitato! Il cristiano deve porgere l’altra guancia, non reagisce con la violenza alla violenza. Se lo fa – come purtroppo accade, dall’Egitto alla Nigeria –, lo fa per emotività, per motivi culturali ed etnici, per paura. Mite e forte è il cristiano, non è un violento ma un non-violento. È la sua unità, la sua testimonianza comunitaria in contesti difficili e sovente ostili che risulta la più grande e forte risposta a chi paventa o auspica addirittura uno scontro di civiltà. Perché i cristiani iracheni sono per certi versi più iracheni degli iracheni musulmani, e i copti cristiani sono più egiziani di tanti egiziani musulmani.

 

Le minoranze cristiane in terra musulmana ci salveranno dallo scontro di civiltà.

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