Le mille luci della Notte bianca
Sembrava d’essere finiti in un parco giochi stile Gardaland: attrazioni a decine e tutte mozzafiato, ma, al termine della giornata, vista la coda, si è andati via avendo fatto solo qualche giro di giostra. O ancora ricordava quei pantagruelici buffet da pranzo di nozze, quando a presentarsi ai nostri palati è una sterminata carrellata di sfizi e stuzzichini, un assortimento di golosità che sfamerebbe una tribù. Tranne poi verificare che, partita la ressa attorno ai tavoli, scatenatasi la caccia all’ultima tartina, si è assaggiata solo qualche pizzetta. Le uniche a portata di mano, le sole che si è riusciti faticosamente a sottrarre all’assalto degli altri invitati. La quarta Notte bianca di Roma, la più riuscita, la più seguita, è stata così. Un po’ parco giochi e un po’ grande abbuffata. In ogni caso un evento straordinario destinato a lasciare il dolce rimpianto di essersi persi qualcosa, di non aver gustato a pieno la festa. Tutte insieme erano infatti aperte al pubblico 34 gal lerie d’arte, 50 musei e siti archeologici, 20 teatri, 24 librerie, 15 biblioteche. Oltre 400 gli eventi sparsi in tutta la città più di 1.000 gli artisti coinvolti, una trentina le ore totali di spettacoli e iniziative. Un’impressionante mole di eventi per ogni gusto e per tutti i palati che sarebbero bastati a riempire per un anno intero la stagione culturale di una regione, o forse di più d’una. Soltanto la guida agli spettacoli era composta da oltre 60 pagine, un fascicolo che aveva il gusto delle pagine gialle dello spettacolo: non c’era quasi grande attore del teatro italiano che non vi fosse presente, per una lettura di brani poetici o una pièce, in una piazza o in un teatro, del centro o della periferia. Per un Giorgio Albertazzi che rievocava Giulio Cesare, c’erano Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Marco Paolini e Andrea Rivera che invece si dedicavano a fatti e personaggi della recente storia d’Italia. E mentre il cantautore Samuele Bersani raccontava i suoi sogni, Margherita Buy e Massimo Popolizio snocciolavano versi al chiar di luna. Per favorire soggiorni più lunghi e incentivare lo shopping mattutino, la notte bianca ha avuto un prologo, un grande concerto andato in scena alla vigilia, capace di radunare a Villa Borghese duecentomila persone e alcune tra le personalità di maggior spicco della musica leggera italiana: Pino Daniele ed Elisa, Fiorella Mannoia e Ivano Fossati. L’inaugurazione ufficiale è stata invece affidata alla grazia di Roberto Bolle e Alessandra Ferri che hanno danzato sulla piazza del Campidoglio, poi ceduta alla carica sempre verde di Gianni Morandi e quindi ad un Gigi Proietti ispirato dall’esibirsi da Marc’Aurelio. Anche Carla Fracci ha dato il suo contributo, mentre i più giovani hanno seguito in massa il rap dissacrante di Caparezza. Spostarsi da un luogo all’altro era impresa ardua e i bianchi nottambuli li vedevi sfogliare il vademecum degli eventi, come i bambini, gli indizi di una caccia al tesoro. Noi siamo stati a piazza Navona, abbiamo ascoltato Baricco adesso proviamo ad andare a Cinecittà, si dicevano due ragazzi in piazza Colonna; Noi proviamo ad entrare all’Ara Pacis anche se ci dicono che c’è fila, gli rispondeva l’amico. Ma che è ‘sta folla? chiedeva una ragazzina dallo spiccato accento romanesco con jeans a vita bassa e cappellino da baseball calato sugli occhi. È la Galleria Doria Pamphilj! gli ha ribattuto compunto un quarantenne in coda. Chissà che me credevo! ribatteva lei. Esigenze diverse, a ciascuna delle quali la notte capitolina ha dato una risposta. A un certo punto una coppia di attempati signori si è rivolta a quanti erano seduti davanti al Portico della chiesa di San Marco, a piazza Venezia. Poesia? hanno domandato. Ricevuta risposta affermativa, si sono accomodati. Da quelle parti l’attore Giovanni Scifoni, protagonista di fiction di successo, assieme ad Alessandra Pasquali e Ugo Bentivegna, recitava brani che puntavano al profondo. Molti erano di Chiara Lubich e venivano contrappuntati dalle canzoni ispirate di Iacopo Bettinotti, cantautore partito dai fasti di un reality tv, e da anni alla ricerca di un senso anche dentro il pop. Da cinque anni la musica è il depuratore della mia anima, mi libera e mi aiuta a condividere quello che vivo ha raccontato Bettinotti sotto le volte della chiesa. È accaduto infatti che Fatti mandare dalla mamma, cantata da Gianni Morandi al Campidoglio, sovrastasse con i suoi decibel le parole sussurrate dagli attori. Così in cerca di maggior quiete, artisti e spettatori si sono ritirati per qualche minuto all’interno, per confrontarsi e conoscersi. I Giovani per un mondo unito, organizzatori dell’happening, si sono raccontati e hanno spiegato il senso di quel momento, un inedito dietro le quinte, un magico istante di silenzio e di ascolto, nel frastuono della gioiosa notte romana. Anche le chiese erano tutte aperte. E tra i due milioni e mezzo di persone pronte a tirar tardi, molte si sono infilati in una basilica, in una parrocchia, ammirando i capolavori ma fermandosi anche a meditare per un istante. Poi si rituffavano nel flusso. Su via del Corso si procedeva a passi lenti, come in processione. I fuochi d’artificio erano all’Eur, mancavano le luminarie e sarebbe stata una festa patronale su scala metropolitana. Poco più in là, a piazza Augusto Imperatore, la Notte bianca ha sposato anche l’impegno. Quindici Ragazzi per l’unità hanno ballato e cantato. Il nome dato al musical era anche un ambizioso programma di vita: Controcorrente. Raccontavano la storia di una banda di bulli che spinti dall’esempio di una ragazza animata da valori positivi, cambiavano totalmente la loro vita. Hanno lavorato sodo per diverse settimane, vengono da due licei della capitale, sono diventati amici – ha spiegato Roberto Pacini che con Roberto Biasini ha ideato lo spettacolo -; mettono in musica e danza la loro voglia di andare contro quel che il mondo pensa e fa. Per misurare la forza che ci vuole per affrontare la società contromano, bastava infilarsi di nuovo in via del Corso ormai prossima alla saturazione, in uno struscio da guinness dei primati. Il giorno dopo il sindaco di Roma Walter Veltroni, che della Notte bianca ha fatto il manifesto della sua missione da primo cittadino, gongolava per quei 25 milioni di euro portati nelle casse dello Stato e per il successo commerciale dell’opera-zione. Ma ancor più ha sorriso per gli altri risultati che il 9 settembre 2006 ha portato. Per il quarto anno consecutivo un oceano di persone, con la loro adesione, hanno ribadito la volontà di incontrarsi, hanno riaffermato la voglia di riappropriarsi della città, delle sue strade e delle sue piazze. La Notte bianca d’altronde ha confermato d’essere un potente veicolo di cultura avvicinando tanti cittadini, spesso per la prima volta e senza scucire un soldo, al teatro e alla musica classica, al mimo e alla pittura. Una notte per contemplare il bello, alla portata di tutti. Non a caso il simbolo di questa quarte edizione è stato il Gasometro.Un grigio monumento industriale, piazzato in un quartiere popolare, che, illuminato a giorno, si è trasformato d’incanto, come bene ha scritto Marco Lodoli, nel più grande abat jour della storia, poggiato sul comodino immenso di questa notte romana. Gianni Bianco