Le matite spuntate
Sfogliando uno degli ultimi numeri di “Charlie Hebdo”, la rivista satirica francese tramortita dall’attacco del 17 gennaio scorso
Sembra ieri, ma era l’altro ieri. Perché ieri c’è stato l’attacco di Tunisi. I 12 morti dell’attentato contro Charlie Hebdo non sono stati dimenticati, ma il contenzioso tra certo mondo musulmano e certo mondo occidentale non cessa di preoccupare.
Mi capita tra le mani uno degli ultimi numeri di Charlie Hebdo, quello datato 25 marzo. Lo sfoglio con un certo imbarazzo in un caffè del centro, non per paura, ma per il timore di ferire qualcuno. Lo nascondo dentro un altro quotidiano, alle spalle nessuno può vedermi. Fatico a riconoscerlo. Non tanto e non solo perché ormai è tutto a colori e tutto patinato (i soldi della solidarietà sono stati proprio tanti!), ma anche e soprattutto perché pare aver perso la sua forza. Come un Sansone privato della sua criniera. Non ci sono più le sue matite più graffianti, è vero, ma sono gli stessi argomenti della satira che non sembrano più “bucare”.
Ovunque campeggia Marine Le Pen, che par aver preso il posto del Profeta come bersaglio favorito dei giornalisti e dei vignettisti. Un bersaglio meno ingombrante e certamente meno pericoloso. Nessuna vignetta contro papa Francesco. Meno sesso, e quasi pudico. I testi sono più virulenti dei disegni, ma sono meno visibili, nella civiltà dell’immagine lo scritto è certamente meno sovversivo.
Non posso dire certo di apprezzare Charlie Hebdo, ma certo m’appare, se così si può dire, un po’ più “potabile” di prima. Sembra che nelle sue pagine sia entrato, udite udite, un po’ di pudore. Falso pudore? Può darsi, ma c’è. Che sia dettato dalla paura? Senza dubbio, l’ingiustificabile carneficina di gennaio deve aver comunque suscitato un po’ di prudenza: val la pena di morire per uno scarabocchio?
Eppure in cuor mio spero che l’insolito pudore “alla Charlie” sia stato dettato anche da una vera riflessione approfondita sul rispetto dovuto a chi la pensa diversamente da me. Il pudore non è in sé negativo. Non è la vergogna causata da una colpa, ma è l’atto volontario di chi si limita per non ferire.
Detto questo, non consiglio di acquistare il giornale satiroco parigino, e non torno indietro rispetto a quanto avevo espresso nei giorni seguenti all’agguato. Ma non posso non salutare con un incoraggiamento il cambiamento che sembra toccare anche Charlie Hebdo.