Le mascherine ci raccontano

Una comunità in Sardegna si ritrova nel momento del bisogno e fa esperienza di condivisione e reciprocità. Di Elena Mele
Foto Pexels

Un gruppo spontaneo formato inizialmente da una ventina di persone, molte delle quali facenti parte del Movimento dei Focolari, si è attivato, dall’agosto 2020, ad Iglesias, per dare vita a un laboratorio in cui vengono confezionate mascherine di comunità, in cotone e quindi riutilizzabili.

Tutto è cominciato da un progetto elaborato da una dottoressa, una biologa e un’insegnante appartenenti al Movimento, che offriva alla comunità indicazioni economiche ed ecologiche che assicurassero la protezione nei confronti del Covid 19. Da quell’agosto sono continuati gli incontri settimanali di laboratorio sotto la guida della signora Rosaria. Lei era esperta nel cucito, aveva confezionato più di mille esemplari di questi dispositivi di protezione, quando ancora non si trovavano neanche nelle farmacie, facendone dono a parenti e amici, non solo nel nostro territorio, ma inviandone moltissimi in altre parti d’Italia e anche all’estero. Aveva dato la sua disponibilità a insegnare, a quasi tutte persone inesperte, a modellare, a imbastire, a cucire a mano e a macchina.

Eravamo partiti molto bene, ma… domenica 6 settembre 2020, silenziosamente, Rosaria ci ha lasciato. Scoraggiati, ma non vinti, con determinazione e molta forza di volontà, abbiamo portato avanti il nostro impegno. Abbiamo proceduto a piccoli passi tra difficoltà e incertezze, ma sempre con spirito collaborativo e sempre pronti a sostenerci vicendevolmente. Da ogni errore, anche piccolo, si riparte insieme condividendo e mettendo in atto momenti di recupero che giovano a tutti e a ciascuno.

Il gruppo si è arricchito, inizialmente, anche della presenza di alcuni elementi provenienti da altri Paesi: un giovane israeliano, una ragazza etiope e una nigeriana. Era buffo, a volte, come si cercava di potersi capire, pur parlando lingue diverse. Il giovane israeliano, Ahmed, è rimasto a lungo con noi e, poiché è sarto di professione, ci ha insegnato alcuni segreti del cucito. E il materiale occorrente per realizzare le mascherine? È stato facile averlo, un atto spontaneo da parte di ciascuno di noi, e avevamo in abbondanza tessuti (a volte riciclati), forbici, fili ed elastici di tanti colori, aghi e tutto quanto ci occorreva (e ci occorre) per confezionare. Il nostro “gruppo di lavoro” opera in un enorme salone all’interno della struttura del seminario vescovile di Iglesias, dove c’è ad accoglierci don Gabriele che, molto generosamente, ci ha voluto suoi ospiti. A questo punto, credo si sia capito che produciamo a costo zero.

L’obiettivo è stato, sin dall’inizio, quello di offrire questi dispositivi ad associazioni, scuole, comunità e a chiunque ne facesse richiesta. Parecchie mascherine sono state personalizzate con sigle e/o colori di appartenenza, appunto, per associazioni, comunità, classi di studenti. Un pomeriggio, nel bel mezzo dell’attività, riceviamo una visita: viene a trovarci il presidente del Lions Club di Iglesias perché qualcuno gli aveva parlato della nostra esistenza. Ha apprezzato molto l’iniziativa, tanto che ha voluto collaborare con noi facendoci dono di un assegno il cui importo ci ha permesso l’acquisto di due macchine da cucire che sono servite a far crescere la produzione. Questo atto di generosità si è ripetuto una seconda volta e ci ha permesso di coprire alcune piccole spese.

I nostri incontri di lavoro continuano a ritmo settimanale. Già da qualche tempo stiamo valutando la possibilità di realizzare anche altro tipo di confezioni che possano tornare di utilità nell’ambito casalingo: tovagliette, strisce, copritavolo, portarotoli, borse per la spesa… e così via. Il nostro sogno sarebbe che, dalle ceneri delle mascherine, potesse nascere una piccola attività artigianale condotta da una giovane donna che, con passione e creatività, producesse oggetti unici e, perché no, artistici.

Se il luogo fisico dei nostri incontri è un ampio salone, il “luogo immateriale” è una piccola “palestra di vita” in cui si esercita la pazienza, si impara a confrontarsi e a rapportarsi con l’altro, a condividere momenti di difficoltà, a trovare insieme soluzioni, a imparare da ogni sbaglio. In altre parole, abbiamo imparato a relazionarci meglio e interagire attraverso lo scambio reciproco di esperienze di vita che ci hanno arricchito. “L’ascolto”, “la comunità”, “la partecipazione”; a parere mio, si stanno realizzando in questo contesto che riesce a tenere vivo, con la presenza fisica, il contatto umano nello spirito dell’unità all’interno del Movimento nella nostra città.

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