Con le mani nella terra, guardando al mondo che ci aspetta
Sul viso Hamangai ha dipinti i colori della sua gente e sulla bocca il grido della sua terra sfigurata. Hamangai è una studentessa universitaria di etnia Pataxó, popolazione indigena della Bahia brasiliana. Ha fatto 9 mila km per raggiungere un palco e un microfono dove raccontare la sua storia, simile a quella di tanti indios che vedono l’Amazzonia mangiata pezzo a pezzo da predatori armati di fucile e di computer.
Quest’anno il verde di Villa Borghese a Roma ha voluto essere un’ideale estensione del grande polmone latinoamericano. È la scelta fatta da Earth Day Italia e Movimento dei Focolari, un sodalizio che da quattro anni dà vita, tra il Galoppatoio e il Pincio, a quel particolare “ecosistema” che va sotto il nome di “Villaggio per la terra”. È un luogo di valori, il Villaggio, prima ancora che un laboratorio di idee e di “best practice”. Come un qualunque agglomerato umano ha i suoi spazi dedicati – formazione, informazione, arte, sport, svago. Ha i suoi giovani e i suoi vecchi e più di tutto un sentimento comune trasversale alle diversità generazionali: la cura della terra attraverso la cura delle persone che la abitano.
Anno dopo anno, Earth Day Italia e Movimento dei Focolari hanno affinato il modo di rendere fruibili in modo complementare i rispettivi background. E anche quest’anno il risultato è stato certificato dalle migliaia di persone che tra il 25 e il 29 aprile, e nonostante una primavera di taglio autunnale, hanno scelto di trascorrere qualche ora, o qualche giorno, tra le 17 piazze del Villaggio per capire un po’ di più di quei temi che i media trattano quasi sempre quando ambiente fa rima con catastrofe naturale, quando la foresta brucia o muore e quasi mai quando qualcuno lavora per farla crescere.
Come Hamangai, che dopo aver commosso tutti con la sua testimonianza, ha piantumato un leccio tra gli alberi del Pincio mischiando al terriccio romano un po’ di quello portato dall’Amazzonia. In quella mescolanza si riflette il bisogno di agire per il bene della casa comune, di farlo unendo le forze, cioè di rendere possibile la fraternità, che in definitiva è il valore dei valori del Villaggio.
E l’alfabeto della fraternità quest’anno ha scelto la lettera “P”. O meglio le “5 P della sostenibilità” (Peace, Prosperity, Planet, Partnership, People). Una caratteristica ormai conosciuta da chi frequenta Villa Borghese nei giorni dedicati alla Terra è quella di vedere riuniti grossi nomi del mondo culturale, ecclesiale, del settore della green economy e della salute, dell’innovazione e della legalità, senza la gabbia del protocollo che spesso snatura convegni e conferenze sugli stessi temi. Perché un Villaggio che sia tale non conosce la spersonalizzazione delle metropoli, la sua cifra piuttosto è la familiarità tra chi ci vive, senza che questo incida sulla sostanza di ciò che viene comunicato. Con questo stile i tanti ospiti sono stati invitati a dialogare e proporre esperienze seguendo la dorsale delle cinque “P”. E con lo stesso stile, declinato in base all’anagrafe, lo hanno fatto i giovani e i piccoli del Villaggio Teens o del Villaggio dei bambini. Per tutti si è trattato di cercare una risposta alla domanda di fondo: di chi è la Terra? Che differenza passa tra il possederla e il custodirla?
Una risposta sta nella comprensione e nella traduzione in stili di vita e azioni virtuose del concetto di “ecologia integrale”, quello che papa Francesco ha messo a cardine dell’enciclica Laudato si’ e che da anni ispira in modo creativo il thinktank del Villaggio, attraverso dozzine di talk, laboratori a cielo aperto, giochi, mostre, percorsi e incontri, ai quali un robusto contributo hanno dato ancora una volta i panel allestiti da Città Nuova.
“C’è un mondo che ti aspetta” recita lo slogan del Villaggio e dunque c’è una cultura da radicare perché la cura della Casa comune diventi un’esperienza quotidiana e condivisa. Come ha fatto Hamangai, che ha lasciato l’Amazzonia per il Villaggio e ha fatto cadere qualche lacrima. Che certe volte sono le più efficaci per irrigare la terra e trasformare i deserti in foreste.