Le mamme, gli occhi tristi, la felicità

Il nostro collaboratore ci regala una riflessione sul suo ritorno in famiglia per Natale. Un salto dall’Asia all’Italia, dai 35 gradi della Thailandia ai 7 della pianura Toscana. Freddo, eppure il cuore si scalda con un ingrediente: l’amore della famiglia e degli amici.

Ci sono delle cose nella vita che senti di dover fare: nessuno te le suggerisce e solo una ‘voce’ dentro ti aiuta a realizzare. Sentivo che dovevo venire a casa, dalla mamma che compie 90 anni, nonostante la pandemia: era qualcosa che bruciava nel cuore. Così ho preso un aereo e sono arrivato. In 40 anni di viaggi ho imparato una cosa: sai quando parti da un posto, ma non sai se vi ritornerai. Sono partito dall’Asia con questo spirito. La vita, già precaria per suo conto, lo è diventata ancora di più con la pandemia.

Sono in Toscana, lontano da Yangon, da Saigon e da Bangkok. Freddo, pioggia: nebbia. Anche un certo freddo interiore, lontano dalla ‘mia gente’: dai karen, dai disabili vietnamiti, da chi non ha nulla e non ti chiede nulla, ma ti guarda quasi ‘spaccandoti l’anima’. Sono gli occhi di chi è scappato dalla morte, Dio mio, che non te li togli più dalla mente.

La notte mi sveglio e li vedo ancora, quegli occhi tristi, silenziosi: sono i bambini e le donne karen, che non hanno nulla. E non avranno nulla, se non pallottole, violenza, sangue, calci…null’altro. Nè documenti, nè dignità, soldi, medicine e nessun vaccino. Nulla è nulla. E quel nulla chiama amore, impegno, sonno, lavoro, notti a cercare come aiutarli: quegli occhi non mi lasciano mai, anche in mezzo alla nebbia della Toscana. Io vivo con queglio occhi stampati dentro la mia anima. Dovunque vado vengono con me e sono ormai, la mia vita.

Entro in un grande magazzino e rimango allibito, vedendo 30 qualità di tortellini, con mamme e bambini che, stanchi, non sanno cosa scegliere e se ne vanno via, quasi arrabbiati. Perchè? Mi domando. Hanno tutto! Perché non riescono ad essere felici? Hanno anche i vaccini…

Possibile che la gente rifiuti un vaccino? Io non lo capisco, perchè vengo da posti dove la gente muore perchè il vaccino non lo avranno mai, perchè questa gente quasi ‘non esiste’: sono gli invisibili. E mi accorgo che quest’Occidente, che ha tutto e più di tutto, è malato della malattia che riscontro ogni volta che trovo la ricchezza: pensare di salvarsi ‘da soli’, e che ‘’io valgo più di qualsiasi altro’’. In Asia un individuo vale per quanto è inserito con gli altri, per quanto fa parte di ‘una comunità’. Il signolo, l’IO è debole se solo.

E il dolore lo trovo ovunque. Anche in Toscana. Così, dalla mia scrivania improvvisata, un vecchio tavolo lasciato qui 40 anni fa, contatto anche oggi ‘la mia gente’ al confine col Myanmar: grazie tecnologia! Li seguo e loro seguono me. In realtà loro salvano me, non io salvo loro. O meglio, ci salviamo l’uno con l’altro. Io cerco cibo e solidarietà per loro; e loro mi danno la voglia di vivere e di amare: mi fanno sentire che sono vivo, che posso anche oggi amare.

Questo è il Natale. Natale è quando amo e faccio nascere l’amore attorno a me. Anche in Toscana, che ho lasciato 40 anni fa. Io appartengo a questa terra, ma anche alla Thailandia, al Myanmar, al mondo intero. La mia interiorità è composta proprio dai mille volti, dai 10 mila aiutati in questi ultimi anni. Li ritrovo, anche negli occhi di mia madre, che mi attendeva dopo due anni di pandemia. Lei, che ha come ‘pagato’ ogni gesto di carità fraterna che ho potuto fare in questi 40 anni di lontananza, non mi ha mai mollato.

Questo sono le mamme. Ti aspettano, in silenzio. E ti amano sempre. A lei il mio grazie, come anche a coloro che con lei, vivono. Qui, semplicemente, in queste quattro mura, senza far grandi cose, vivono. Grazie a tutti. Perchè gli occhi di chi aiuto, i posti di cui scrivo, le storie che vi racconto, appartengono anche loro che stanno sempre qui, in Toscana.

Già: il senso di appartenenza è importante per un uomo. A 60 anni senti il bisogno di appartenere a qualcuno: ed un giorno capisci che quel qualcuno esiste, e ti aspetta da dove sei partito. È la mia gente, la mia terra, dove sono nato. A 60 anni senti di appartenere a quel momento quando riesci ad amare e generare amore attorno a te, ovunque tu sia. Lì è la mia patria e la mia felicità. Sentire che ho una casa anche se non ne possiedo nessuna. Che ho una famiglia anche se non sono sposato e che ho figli anche se mai hai generato.

Appartengo a mia madre, ai profughi a voi lettori a quanti mi amano e quanti no. Io sono quanto amo. Questo è il mio Natale quest’anno, qui, dove sono nato e cresciuto. Nient’altro. Io sono Natale se amo e per quanto amo, pandemia o non pandemia: febbre dengue oppure fame e sete; siccità caldo o freddo da morire. Conta l’amore ora e per sempre, in ogni istante che vivo.

Buon Natale, buone feste e buon anno a tutti voi, carissimi lettori. Che sia un Natale pieno d’amore, dovunque noi siamo. E che dove passiamo, su quest’unica e splendida terra, possiamo seminare solo una scia d’amore.

 

 

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