Le istantanee di Gioanin
Ultimamente, amici comuni hanno fatto pervenire in redazione la prima esperienza editoriale di Giò Battista Costamagna. Si tratta di un volumetto di poesie offerto in omaggio dall’Associazione Umanità Nuova del Nord-Est a quanti vorranno collaborare alla realizzazione dei progetti sociali Amu in Africa. Dunque, il fabbro Gioanin si è palesato poeta. Ha provato a forgiare parole, e per farlo ha usato la lingua materna, quella con cui ha mosso i primi passi nella vita, in cui si esprimono gli affetti più veri e duraturi. L’avevo conosciuto alla Bertola di Marene nel cuneese, dove mi ero recata per un servizio. Me lo aveva presentato Livio Bertola, titolare dell’azienda. Di professione fabbro, si era scusato, rammento, per avere ancora le mani un po’ sporche di lubrificante. Sa, il grasso non va via così facilmente. Gli risposi, forse un po’ banalmente, che non c’ era motivo di scusarsi, perché chi lavora usa le mani. Lui prese a parlare di sé, di ciò che gli era capitato nella vita, come tra vecchie conoscenze. Il suo universo poetico è quello che cade quotidianamente sotto i suoi occhi: la natura nella nitidezza dei colori, nel variare delle stagioni, nelle cortine di nuvole, persino nei temporali che portano la pioggia benefica al contadino che aspetta. Un portento che si offre a chi, appunto, non si accontenta solo di vedere. Uno spettacolo, sembra dire nei suoi versi, che ogni giorno possiamo ammirare e di cui possiamo godere del tutto gratuitamente dal nostro angolo di mondo. Anche il singolo petalo di un fiore di campo visitato da una stissa (una goccia) di rugiada è ricco di bellezza e di fascino, per chi lo sa guardare. Egli pare invitarci a disporci con lui dietro il suo grandangolo, speciale punto di osservazione. Non tarderemmo a scoprire l’infinita fantasia e ingegno con cui ogni animale esegue alla perfezione il proprio lavoro: un ragno mentre tesse la sua tela, una formica che prepara il cibo per l’inverno, un passero che fa il nido di nascosto… Ed esclameremmo con il poeta: Ah l’è bel. È bello anche, nota Costamagna, osservare le opere del lavoro degli uomini. La ruota del carro, l’aratro, l’uva in collina, gli zoccoli risuolati dal calzolaio, che lucidava un momentino prima di consegnarli ai bambini. Persino la casseruola, che avrebbe tante storie da raccontare. Sia che egli parli della zanzara, del cane, del mulo del fiammifero, perfino del piatto (dalla terra è stato tratto, ce n’è di mille qualità), mai il suo linguaggio è banale, L’uomo è al centro della sua poetica, l’uomo che non fa soltanto cose belle e utili, ma che ha cura, in primo luogo, del suo mondo interiore. È quello il campo che gli è stato affidato, dove può coltivare buoni pensieri di quelli che rendono più agevole il cammino della vita. Nota Arturo Ricciuti, ingegnere torinese, nella presentazione del libro: Già scorrendo l’indice, è immediato percepire dinamicità, continuità, arguzia, padronanza espressiva. E si comprende che la vena è di prim’ordine, non occasionale. Gioanin raccoglie ed ordina in continuazione impressioni, moti dell’animo, ricordi, riflessioni che gli si affacciano dai crinali del quotidiano nel suo angolo di provincia granda e li esplora e comunica con garbo e misura. Egli comprende che il suo scrivere in versi non è altro che lasciarsi afferrare e trasportare da qualcosa di più alto e universale, di cui l’ispirazione si fa semplicemente veicolo. Anche l’uso del dialetto – osserva ancora Ricciuti – non è un limite espressivo, bensì un pregio del poeta. Con i suoi termini concisi, scarni di sfumature, esso viene utilizzato nella costruzione di rime pronte ed efficaci, conseguendo con ciò lo scopo più importante del suo ingegno: offrire, far partecipi tutti (specie quel non trascurabile segmento di popolazione proveniente dalla civiltà contadina) di un frutto niente affatto locale e particolare. In un mondo traversato da profonde inquietudini, in cui si consuma, probabilmente, la frattura dell’uomo più abissale, quella con se stessi e con la natura, la voce del poeta, nella sua grande essenzialità di mezzi espressivi, aiuta, forse, a riallacciare questo vitale dialogo da troppo tempo desueto.