Le invasioni barbariche

¦ Il nome lo prende da un recente cult movie, uno di quei film snobbati dal grande pubblico, amatissimo invece da cinefili e critici. Una pellicola che raccontava gli ultimi giorni di vita di un uomo malato, che prima di lasciarsi morire con un’iniezione letale, chiese agli amici di trascorrere insieme la settimana terminale della sua esistenza. Giorni di parole in libertà e di riflessioni filosofiche, di pettegolezzi e amati ricordi. Le invasioni barbariche, talkshow de La7, fin dal titolo vorrebbe recuperare, quel piacevole conversare tra amici. E bisogna ammettere che, il programma condotto da Daria Bignardi, colpisce nel segno. Non che la cosa fosse scontata. Essere snob era il primo rischio. La conduttrice, aveva già provato la formula senza troppo successo su Italia 1 con Tempi moderni. Il rischio radical chic era nell’aria. Per di più, i salotti tv si sono moltiplicati all’inverosimile, dando diritto di parola a tutti: dai big della politica ai più sconosciuti peones di Montecitorio, dalle star della tv alle ultime opache stelline del piccolo schermo. Tutti in poltrona senza granché da dire. Una situazione che non si ripete al venerdì su La7. Nella prima parte, quella dedicata al dibattito su un tema d’attualità, vengono spesso ospitati personaggi non ancora usurati dal grande circo della chiacchiera tv. Le tesi sono discutibili, il dibattito viene condotto verso conclusioni che si possono non condividere, ma almeno si parla di cose concrete e in maniera interessante. Grazie anche ad una grafica innovativa e ad un linguaggio diretto e vivace, la Bignardi dà vita ad un programma fresco e giovanile che si fa guardare e di cui poi si parla con gli amici, come i dati d’ascolto stanno dimostrando. Un tratto che viene ancor più in evidenza nella seconda parte, quella delle interviste barbariche, erede di quelle doppie de le Iene, di quelle birichine di Chiambretti e di quelle di Claudio Sabelli Fioretti sul Corriere magazine. Niente di nuovo per carità. Una fitta rete di domande molto dirette e circostanziate, che puntano a mettere a nudo il personaggio intervistato. La Bignardi, con qualche scivolone osé, ripete lo schema, offrendo una galleria di ritratti che hanno però il pregio di scoprire gli uomini e le donne nascosti dietro la maschera del successo. Talvolta confermano i nostri cattivi pensieri sulla vita fasulla dei presunti vip. Altre volte sono scoperte di inaspettate profondità. Piccole sorprese per le quali vale la pena di dare un’occhiata a questo talkshow in blue jeans.

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