Le insospettabili risorse della fragilità
Ci sono momenti in cui l’unico soccorso spiritualmente e intellettualmente valido è quello delle Scritture. Scrive Paolo ai corinzi: «È quando sono fragile che sono forte» (2Cor 12,10). Così.
Non trovo altro modo di commentare quanto sta accadendo alle popolazioni sparse sull’Appennino tra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo. L’infinita scossa abbatte, incute paura, mette dinanzi alla morte possibile, all’ignoto, all’incomprensibile. Ci si ritrova deboli e indifesi, fragili, desiderosi forse solo dell’affetto di una madre. Ed è a questo punto che l’apostolo dei Gentili può venirci in soccorso.
Ora è il tempo dei primi soccorsi materiali: spazzaneve, beni di conforto, coperte e cibo, bevande calde e una mano che si tende verso di noi, fieno per gli animali, corriere per evacuare verso la terra che non trema. Se come comunità nazionale non ce la facciamo a mettere in moto una tale solidarietà concreta, è meglio che chiudiamo baracca e burattini. E che ci nascondiamo. Ma sappiamo che la macchina della nostra protezione civile, delle confraternite, delle associazioni, delle parrocchie e delle moschee è straordinaria, forse unica al mondo. Prima i conforti materiali. Punto.
Ma agli amici di Teramo, Ascoli, Rieti, Macerata, Camerino, Tolentino, Visso, Pieve Torina e così via, che sono in condizioni precaria per il sisma e il maltempo, il nostro pensiero e la nostra preghiera (cristiana, musulmana, ebrea o laica che sia) sono necessarissimi. Perché è solo la dimensione spirituale che può trasformare la debolezza in forza. Un pensiero e un euro, un euro e una preghiera. Perché la debolezza di oggi diventi forza di oggi e di domani. «La debolezza ha insospettabili risorse», vuole dirci san Paolo.