Le Grand Macabre
«Un capolavoro stravagante e bizzarro», così lo definisce il musicologo Luigi Bellingardi. L’opera del musicista ungherese, scomparso tre anni fa, diretta da un preciso e attento Zoltàn Peskò, ha convinto metà del pubblico, disabituato all’allestimento onirico-grottesco di Alex Ollé e Valentina Carrasco de La Fura del Baus: un’enorme donna-giocattolo dagli occhi fosforescenti e dal corpo viscido su cui si proiettano filmati dei diversi momenti nei due atti dell’opera.
Tornano alla memoria i dipinti di Brueghel e Bosch, le loro folle anonime e disorientate, i “Trionfi della morte”, cui nessuno sfugge.
Infatti è Nekrotzar, l’angelo della morte, con tromba e falce, in groppa a Piet, “la botte”, ubriacone spiritoso, a percorrere il fantasioso principato di Brueghelland, con la missione della distruzione totale. Fa i conti con l’astrologo Astardamors e la moglie sadica, col buffonesco principe Go-Go e i suoi litigiosi ministri, e con la massa del popolo che non vuole morire. Anzi, ognuno chiede a Nekrotzar di colpire il vicino, ma non sé stesso, mentre i due giovani amanti, in preda alla passione, si nascondono dentro una tomba.
Ligeti ride, schiamazza, burla questo mondo tutto storto, passando in rassegna ogni forma espressiva della musica del Novecento, tra gorgheggi stralunati, duetti strozzati, urla lancinanti e recitativi dissonanti, un “canto di recitazione” non immemore di Monteverdi (ma Mozart, Donizetti, i francesi ogni tanto fanno capolino…), mentre il coro ulula qua e là. Sberleffo o genialità o neobarocchismo?
I cantanti-attori sono tutti bravissimi, sia nella voce come nella recitazione e l’orchestra si destreggia bene fra le sguaiataggini degli ottoni, i ronzii dei violini, certe sensualità dei legni o ammiccamenti degli archi. Intanto, dalla donna-mostro fuoriescono i personaggi-burattini, con il consueto gusto dell’eccesso e della provocazione. Ma, occorre dirlo, dato il titolo dell’opera, comprensibile in questa macabra danza della morte e dell’orrore del nostro tempo, cui sembra negata ogni speranza. Non del tutto, perché al di là della satira feroce politico-sociale, che alligna dappertutto nella musica, alla fine i due giovani ne escono indenni, e Nekrotzar diventa piccino piccino come un vermiciattolo. I due cantano all’amore e all’attimo da vivere come ultima possibilità per l’oggi. È già qualcosa, anche per il pubblico. Chi ha applaudito, con convinzione o per apparire “moderno”, e chi invece non ha gradito.
Musica d’estate
ROSSINI OPERA FESTIVAL
La 30a edizione festeggia col nuovo allestimento di Zelmira (con Juan Diego Flòrez, Marianna Pizzolato) e La scala di seta, ripropone Le Comte Ory e la Petite Messe. Dirigono Carignani, Abbado, Scimone. Regie di Barberio Corsetti, Pasqual, Michieletto.
Pesaro, dal 9 al 20/8.
FESTIVAL PAGANINIANO
L’ottava rassegna inaugura con Uto Ughi e i Filarmonici di Roma. Fra gli ospiti il Sestetto Stradivari e poi il Convegno su Paganini “Diabolus in musica”.
Val di Vara – La Spezia, fino al 14/7.
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