Le giornate economiche di Avola
Chiude il laboratorio nazionale con imprenditori, politici, cittadini: un movimento di prassi virtuose e progetti che cominceranno a viaggiare per il Paese
Il laboratorio nazionale di Economia Civile, ad Avola nel siracusano chiude i battenti dopo una giornata e mezzo di lavori incessanti. Eppure ci si saluta sapendo che presto li riaprirà nello stesso luogo, nell’eremo benedettino costruito secoli addietro sulla cima di un roccioso colle che si affaccia a strapiombo su una verdissima vallata e poi sul mare. Oltre lo sguardo non sono lontane le coste del nord Africa.
I lavori di gruppo hanno rappresentato il fulcro del laboratorio: le preziose relazioni hanno dato mille spunti per continuare a parlare – anche negli intervalli – di economia, di solidarietà sociale, di gruppi di acquisto solidale, di valorizzazione del territorio, in uno scambio di teoria e prassi che combaciano perfettamente: con sorpresa si scopre che quanto si vive in alcune realtà sociali coincide con la teoria che si va enunciando in maniera sempre più definita ed esplicita sull’economia civile. Davvero ci voleva quest’intuizione per mettere in dialogo finanza e sociologia, teoria economica e gestione del territorio, tutela dei diritti e crisi dei mercati.
Nessuno usa toni polemici verso gli altri, nessuno (stranamente) lamenta le difficoltà tipiche delle regioni meridionali (mafia, disoccupazione, inefficienza amministrativa) e nessuno ritiene che certi comportamenti virtuosi e costruttivi possono avere spazio e consenso solo altrove, al nord.
I professori Luigino Bruni, Leonardo Becchetti e Stefano Zamagni hanno reso comprensibili argomenti che di solito riguardano gli economisti addetti ai lavori. Si sono alternati con Mario Crosta direttore generale di Banca popolare etica – promotrice dell’evento, Francesca Forno sociologa dell’università di Bergamo, Mario Cicero sindaco di Castelbuono, nel palermitano, Riccardo Milano responsabile dell’area culturale di Banca Etica, Roberto Mazzarella giornalista e Mario Salviato, direttore SEFEA – Società Europea Finanza Etica e Alternativa.
Il prof. Bruni ha articolato un ricchissimo intervento sull’economia civile a conclusione dei lavori della prima mattinata.
Qual è l’aspetto peculiare di questo laboratorio?
«Sento che è molto importante questa rete che va nascendo tra tante realtà: Banca Etica, il mondo dei gruppi di acquisto solidale, i sindacati, la politica rappresentata dagli amministratori oltre che dai cittadini, la cooperazione sociale. Ci sono molti ingredienti che fanno vedere qualcosa di interessante, ma vedo anche, in prospettiva, alcune sfide che nasceranno da questo laboratorio. La prima è riuscire a non mollare subito quando ci accorgeremo che mettere insieme soggetti diversi è complicato e doloroso. La ferita ci vuole sempre per l’innesto, però il rischio è che quando capiremo cosa ciascuno ha in mente perché l’economia sia civile, e capiremo che ciascuno ha idee un po’ diverse, allora il rischio è che ci si blocchi. Dovremmo avere la perseveranza di vedere ciò che unisce e non tanto le diversità che sono inevitabili tra soggetti diversi».
Il Laboratorio di economia civile ha un significato solo per il meridione?
«Questa è un’ulteriore prospettiva aperta dal laboratorio: che si riesca a dare vita ad un vero movimento nazionale che però non perda il baricentro di Avola, perché c’è una dimensione anche locale e territoriale da valorizzare. L’idea di proseguire con dei passaggi in altre città come Napoli, Bologna e Torino e poi tornare tra un anno ad Avola, dovrebbe portare ad un movimento reale, vero, che arrivi ai media, che sappia creare aggregazione attorno alla proposta di questa economia che parte dalla gente.
I lavori di gruppo hanno rappresentato il fulcro del laboratorio: le preziose relazioni hanno dato mille spunti per continuare a parlare – anche negli intervalli – di economia, di solidarietà sociale, di gruppi di acquisto solidale, di valorizzazione del territorio, in uno scambio di teoria e prassi che combaciano perfettamente: con sorpresa si scopre che quanto si vive in alcune realtà sociali coincide con la teoria che si va enunciando in maniera sempre più definita ed esplicita sull’economia civile. Davvero ci voleva quest’intuizione per mettere in dialogo finanza e sociologia, teoria economica e gestione del territorio, tutela dei diritti e crisi dei mercati.
Nessuno usa toni polemici verso gli altri, nessuno (stranamente) lamenta le difficoltà tipiche delle regioni meridionali (mafia, disoccupazione, inefficienza amministrativa) e nessuno ritiene che certi comportamenti virtuosi e costruttivi possono avere spazio e consenso solo altrove, al nord.
I professori Luigino Bruni, Leonardo Becchetti e Stefano Zamagni hanno reso comprensibili argomenti che di solito riguardano gli economisti addetti ai lavori. Si sono alternati con Mario Crosta direttore generale di Banca popolare etica – promotrice dell’evento, Francesca Forno sociologa dell’università di Bergamo, Mario Cicero sindaco di Castelbuono, nel palermitano, Riccardo Milano responsabile dell’area culturale di Banca Etica, Roberto Mazzarella giornalista e Mario Salviato, direttore SEFEA – Società Europea Finanza Etica e Alternativa.
Il prof. Bruni ha articolato un ricchissimo intervento sull’economia civile a conclusione dei lavori della prima mattinata.
Qual è l’aspetto peculiare di questo laboratorio?
«Sento che è molto importante questa rete che va nascendo tra tante realtà: Banca Etica, il mondo dei gruppi di acquisto solidale, i sindacati, la politica rappresentata dagli amministratori oltre che dai cittadini, la cooperazione sociale. Ci sono molti ingredienti che fanno vedere qualcosa di interessante, ma vedo anche, in prospettiva, alcune sfide che nasceranno da questo laboratorio. La prima è riuscire a non mollare subito quando ci accorgeremo che mettere insieme soggetti diversi è complicato e doloroso. La ferita ci vuole sempre per l’innesto, però il rischio è che quando capiremo cosa ciascuno ha in mente perché l’economia sia civile, e capiremo che ciascuno ha idee un po’ diverse, allora il rischio è che ci si blocchi. Dovremmo avere la perseveranza di vedere ciò che unisce e non tanto le diversità che sono inevitabili tra soggetti diversi».
Il Laboratorio di economia civile ha un significato solo per il meridione?
«Questa è un’ulteriore prospettiva aperta dal laboratorio: che si riesca a dare vita ad un vero movimento nazionale che però non perda il baricentro di Avola, perché c’è una dimensione anche locale e territoriale da valorizzare. L’idea di proseguire con dei passaggi in altre città come Napoli, Bologna e Torino e poi tornare tra un anno ad Avola, dovrebbe portare ad un movimento reale, vero, che arrivi ai media, che sappia creare aggregazione attorno alla proposta di questa economia che parte dalla gente.
In fondo la diversità di questo appuntamento rispetto ad altri è che non è una fiera né un convegno di studi, ma è un movimento di persone che si mettono insieme facendo delle cose, anzi vediamo tanti che già conducono insieme delle bellissime idee ed iniziative. Questo ci dice che è gente che ha già superato alcune fasi di scetticismo o di pessimismo, che non ha solo voglia di lavorare ma già lavora. Quello che trovano qui è l’intreccio di idee e di prassi, una visione culturale d’insieme che forse manca in altri contesti, in altre reti, in cui si descrivono tante buone pratiche ma manca una cornice culturale e di visione che noi diamo come economia civile. Direi che questo è un punto di forza del progetto perché qui si dà una visione culturale, storica, di paradigma alternativo che tanti oggi cercano».
Cosa succederà tra qualche mese?
«Nutro una grande speranza nel Laboratorio ed immagino che nel giro di qualche anno questo centro ad Avola diventi un vero e proprio centro culturale permanente da cui si propagano iniziative e pratiche culturali e politiche. Qui si potrebbe diventare protagonisti anche di questa fase della politica che si sta preparando in Italia a vari livelli dentro e fuori la Chiesa in vista delle prossime elezioni, per fare politica direttamente perché la gente che lavora e vive deve poter dire la sua alle istituzioni e non delegare altri».
Come si inserisce nel Laboratorio di Avola il progetto per l’Economia di Comunione?
«Direi che l’Economia di Comunione è nella sua vocazione quando fa cose come in questo caso, cioè quando è animatrice di realtà più ampie per il bene comune, quando contribuisce a dare risposte reali ai problemi e alle domande che la gente si pone (perché è inutile dare risposte a domande che nessuno si fa): quando riusciamo a rispondere alle domande della gente allora anche noi siamo più utili. Vedere le persone del tessuto ecclesiale e laico che provengono da tutta la Sicilia e anche dalla Calabria impegnate insieme per un’economia più giusta e più umana, di legalità, mi fa considerare che anche così l’EdC è in piena vocazione e che quando non fa questo non cresce e involve».
Cosa succederà tra qualche mese?
«Nutro una grande speranza nel Laboratorio ed immagino che nel giro di qualche anno questo centro ad Avola diventi un vero e proprio centro culturale permanente da cui si propagano iniziative e pratiche culturali e politiche. Qui si potrebbe diventare protagonisti anche di questa fase della politica che si sta preparando in Italia a vari livelli dentro e fuori la Chiesa in vista delle prossime elezioni, per fare politica direttamente perché la gente che lavora e vive deve poter dire la sua alle istituzioni e non delegare altri».
Come si inserisce nel Laboratorio di Avola il progetto per l’Economia di Comunione?
«Direi che l’Economia di Comunione è nella sua vocazione quando fa cose come in questo caso, cioè quando è animatrice di realtà più ampie per il bene comune, quando contribuisce a dare risposte reali ai problemi e alle domande che la gente si pone (perché è inutile dare risposte a domande che nessuno si fa): quando riusciamo a rispondere alle domande della gente allora anche noi siamo più utili. Vedere le persone del tessuto ecclesiale e laico che provengono da tutta la Sicilia e anche dalla Calabria impegnate insieme per un’economia più giusta e più umana, di legalità, mi fa considerare che anche così l’EdC è in piena vocazione e che quando non fa questo non cresce e involve».