Le frontiere della psicologia contemporanea
In queste pagine […] si raccontano invece storie, storie diverse, pietre d’inciampo nella riflessione scientifica attuale, inevitabili da affrontare quando l’essere umano non venga guardato solo in vetrina, ma si scelga, per vocazione e professione, di approfondirne le vicende e le lotte, tentando vie di comprensione. E fastidiose, quanto possono esserlo le pietre sotto le suole quando si faccia un percorso a piedi, perché ogni capitolo affronta un tema che costringe psicologi e psichiatri a prendere posizione e a provare a dire qualcosa: l’aborto è veramente traumatico? La potenza della Rete ci rende più felici? L’omosessualità e la fede hanno qualcosa da dirsi? L’essere credenti riduce l’obiettività professionale? Chi ha la responsabilità dei pazienti psichiatrici? Gli attacchi di panico sono solo immaginari?
La sola teoria però, per quanto interessante e attuale possa essere, rischierebbe di stancare la lettura rendendola priva di anima, perché è la vita vissuta, sono le persone con la loro esistenza a poterci dire qualcosa di interessante che meriti la nostra attenzione […].
Ho voluto perciò rendere queste pagine delle “azioni” più che delle parole, vita più che soli concetti: ogni capitolo, allora, narra la vicenda professionale di un uomo, Tonino Cantelmi, che ha dato un apporto originale a ciascuno dei temi proposti. A lui è lasciata voce diretta attraverso un’intervista che faccia apprezzare meglio i suoi contributi, elementi di continuità e insieme di rottura nell’ambito della ricerca in Italia.
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Il quadro antropologico e culturale attuale è preoccupante e a tratti disarmante: la ricerca di popolarità a qualunque costo, la virtualità della Rete che ubriaca i suoi abitanti con dimensioni che sono ormai reali pur essendo mediate da uno schermo, la paura di rimanere ancorati a dei valori quando il cambiamento è all’ordine del minuto… tutto questo frastorna e confonde. Le soluzioni diventano allora estreme: o si cavalca l’onda improvvisando ogni volta tecniche nuove, verità nuove, rendendo possibile e benedetta ogni strada di incontro e dialogo con l’umano, o ci si radica in posizioni fisse, che resistano a qualunque cambiamento storico e sociale, nel terrore di smarrire i pochi punti di riferimento stabili.
Cantelmi è capace di esporsi di fronte a temi sensibili e di tentare piste di riflessione nuove, anche quando sarebbero state scomode per la comunità scientifica prevalente, senza timore di perdere audience. […]
Quando interviene, primo in Italia, sul rapporto mente-tecnologia digitale, egli, per citare un esempio, non si ferma a giudicare l’uomo contemporaneo, ma si impegna a comprendere cosa gli stia accadendo nell’impatto con una esplosione tecnologica inaudita e senza precedenti, rilanciando nello stesso tempo l’urgenza di un recupero dell’umano per evitare il collasso di tempi e spazi reali di incontri personali. E man mano che la sua ricerca procede, e aumentano anche la complessità e la varietà degli incontri all’interno della sua pratica clinica, lo psichiatra si ritrova sempre più stretto nelle posizioni già da lui stesso acquisite, mentre la realtà attuale gli fa sentire urgente rimettere in gioco la sua comprensione dell’umanità ferita.
Questa non ha sempre il gusto “romantico” che immaginiamo, anzi davvero inquietanti sono le zone in cui la persona può giungere, ma è proprio il fascino dell’umano, così complesso, talvolta imprevedibile, capace di una straordinaria generosità come di magnifiche chiusure.
Che persone di spessore si ritrovino invischiate in relazioni sessuali molteplici e stravaganti, mettendo a repentaglio la propria stabilità familiare, vittime di emozioni che diventano sempre più esigenti, è già un dato sconcertante, ma ancora di più lo è osservare come siano saltati i parametri dell’amare e dell’essere in relazione con l’altro, perché la Rete ha reso possibile ogni bizzarra voglia di veder soddisfatta qualunque fantasia sessuale. Cosa succede all’uomo di oggi? Perché il mondo parallelo che la Rete gli offre sta diventando più attraente di quello reale?
Il nostro viaggio nell’umano però si è voluto spingere oltre le domande esistenziali che conservano ancora tratti nobili, per considerarne anche la problematicità quando rimanga invischiato con gli stereotipi ideologici, strattonato da forze più politiche che onestamente professionali, ed è soprattutto in questi spaccati che il nostro psichiatra ha saputo proporre un’alternativa, sottraendosi alle pressioni della sua comunità professionale.
Così a proposito della vicenda Basaglia e dei gravi vuoti che ha lasciato, o della difesa della responsabilità degli psichiatri chiamati dalla legge a farsi un eccessivo carico della salute del paziente di fronte a tutta la comunità sociale.
Sui due aspetti a me particolarmente cari spendo qualche parola in più.
Siamo in una società assetata di Dio ma incapace di trovare delle vie di ritorno verso una spiritualità profonda e incarnata, oppure i piani di vita risultano sganciati l’uno dall’altro: si è scienziati durante la settimana e magari credenti nel week-end. Perciò la domanda se e come integrare la propria fede con la competenza professionale, senza creare confusione e ingerenze mi sembra assai significativa, per quanto non sia nuova e sia psicologi che teologi abbiano scritto in abbondanza sul tema. Tuttavia ancora una volta non si tratta solo di trovare una soluzione teorica: nei nostri studi sempre più persone portano, con la richiesta di aiuto una domanda, più profonda ed esistenziale, sul significato della vita, della morte, del dolore, su come gestire l’angoscia del presente e del futuro. Non compete al terapeuta un intervento spirituale, ma l’antropologia cristiana che fa da sfondo e da chiave interpretativa del professionista credente che si occupa di salute mentale, non può rimanere estranea al processo di guarigione della persona. Ciò, d’altro canto, rende assolutamente necessaria la riflessione sull’identità dello spazio terapeutico perché non scivoli in una forma ibrida e assai discutibile di una psico-spiritual-terapia.
Cantelmi compie uno sforzo apprezzabile, da una parte per integrare queste due dimensioni nella ricerca e nella pratica clinica, dall’altra per aprirsi costruttivamente come uomo di scienza e uomo di fede agli apporti, agli stimoli e alle sfide che vengono da un campo, come dall’altro.