Le elezioni in Egitto

Hamdeen Sabahi è lo sfidante (sfavorito) del generale Abdel Fattah el Sisi, attualmente al potere. Vuole essere la voce della parte più povera e più giovane del paese. Stralci da un'intervista ad Affari Internazionali
Sabahi

Contemporaneamente, o quasi, alle elezioni Europee si stanno svolgendo in Egitto altre consultazioni elettorali importanti per la storia di questo periodo. L’India – ne abbiamo parlato più volte – rappresenta la più grande democrazia del mondo, un Paese carico di contraddizioni, ma certamente con un ruolo ormai di primo piano, sia politico che economico, a livello internazionale.

Per l’Egitto la questione è diversa. Nel Paese nord africano si gioca una partita importante, non solo per i suoi cittadini e l’attuale precarietà che contraddistingue la nazione, ma per una fetta significativa dell’Islam arabo, che ha conosciuto quelle che sono passate alla storia come ‘primavere arabe’. Da allora l’Egitto non ha più conosciuto pace e serenità e si trova, dopo anni precari, ad un bivio importante. Dopo la controversa e dolorosa esperienza del governo Mursi, il primo presidente ad essere eletto dal popolo, la presa del potere da parte generale Abdel Fattah el Sisi ha, di fatto, riportato il Paese sotto il tradizionale controllo dell’esercito, rassicurante per una fetta della popolazione, ma considerato un colpo di stato per coloro che sostenevano Mursi.

Alla vigilia delle elezioni, Sisi, che ha lasciato la divisa, si aspetta un plebiscito a suo favore e molti osservatori concordano sul fatto che allo sfidante, Hamdeen Sabahi, spetteranno solo una manciata di voti. Anche a livello internazionale el Sisi è il candidato da tutti conosciuto a scapito di un concorrente che vanta una lunga militanza politica, iniziata come leader dell’unione studentesca dell’università del Cairo nei caldi anni ’70. Il suo impegno gli è costato anche quattro anni di detenzione fino alle elezioni del 2012, che videro il successo di Mursi, nelle quale non riuscì a spuntarla per il ballottaggio finale solo per poche migliaia di voti.

Sisi è considerato oggi il salvatore della patria e questo, nonostante esista una forte opposizione da parte dei Fratelli Musulmani, gli garantirà la vittoria. Molti, soprattutto giovani, hanno scelto di boicottare la tornata elettorale e lo stesso faranno i seguaci della Fratellanza Musulmana, che considera illegittima la destituzione del Presidente Mursi e che dal dicembre del 2013 è passata nuovamente alla clandestinità.

Le grandi sfide per il nuovo presidente resteranno la situazione economica del Paese con un processo di impoverimento progressivo negli ultimi anni, e la disoccupazione, superiore al 13%, con punte del 70% in ambito giovanile (fra i 15 ed i 30 anni di età). Circa il 25% della popolazione egiziana vive oggi con 2 dollari al giorno ed un altro quarto supera di poco questa soglia.

Entrambi i candidati hanno tentato di riallacciare la loro campagna all’eredità di Gamal Abdel Nasser. Soprattutto Sabahi vanta tale posizione fin dai tempi in cui – si era ancora nel 1977 – ebbe il coraggio di denunciare in diretta televisiva la corruzione del governo del presidente Anwar Sadat, criticando anche la sua politica di apertura agli Stati Uniti e a Israele. In una interessante intervista riportata dalla rivista Affari Internazionali  (www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2652), il candidato anti Sisi ha insistito di parlare per i settori più poveri e i più giovani, che sulla carta rappresentano la maggioranza del paese. «Tutta la mia carriera politica è stata dedicata a loro e il mio futuro, come quello del paese, dipende soprattutto dai giovani. È su di loro che sto puntando le mie energie, per creare una classe politica in grado di sfidare i nostri avversari. Le presidenziali sono la prima sfida di questa nuova epoca, ma non sono né l’unica, né l’ultima».

Riguardo alla scottante questione incentrata sul ruolo della Fratellanza Mussulmana nel governo Mursi e della sua nuova clandestinità, Sabahi tiene anche a precisare di essere stato uno degli sfidanti di Mohammed Mursi alle elezioni presidenziali del 2012 e di aver rifiutato la carica di vicepresidente offertagli dal neo-eletto presidente. «Ho rifiutato – precisa – preferendo stare all’opposizione per dare suggerimenti. Mursi però non li ha mai ascoltati. Impossessandosi del potere è diventato sempre più autoritario». Ricorda, inoltre, di essere stato «tra coloro che hanno chiesto agli egiziani di scendere in strada il 30 giugno 2013 per iniziare una nuova rivoluzione indispensabile per realizzare gli obiettivi della rivolta del 2011».

Ancora a proposito del ruolo dei Fratelli Musulmani, il candidato alla presidenza non fa sconti. «I Fratelli Musulmani hanno perso legittimità politica. Non solo non hanno sostegno popolare, ma è la loro idea di democrazia ad aver perso credibilità. Hanno mostrato di voler realizzare una democrazia in grado di garantire i loro interessi, non di proteggere quelli dell’intera società. Quando il popolo egiziano è sceso in strada per chiedere l’uscita di scena di Mursi, la Fratellanza ha incitato i suoi alla resistenza violenta».Qui sta il motivo del consenso anche da parte di Sabahi sulla decisione di bandire l’organizzazione, pur mantenendo un’apertura per il futuro. La condizione resta, tuttavia, l’impegno da parte dei Fratelli Musulmani a rispettare le regole della competizione democratica con processi politici pacifici

Sabahi poi è convinto della necessità che i valori e le finalità della rivoluzione debbano arrivare al potere, perché in Egitto si possano creare le condizioni per la creazione di uno stato civile, trasparente e democratico.

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