Le donne secondo Mozart

All’Accademia romana di Santa Cecilia, l'opera mozartiana Così fan tutte chiude la stagione in forma di concerto. Semyon Bychkov dirige con maestria e l'esecuzione è davvero godibile. Un'edizione curata, con un Mozart scavato più del solito
Accademia nazionale Santa Cecilia

Si esce con la bocca amara dopo aver ascoltato Così fan tutte, l’opera scritta da Lorenzo da Ponte e musicata da Mozart, data con un certo successo a Vienna nel 1790. Ultimo capitolo della cosiddetta “trilogia italiana”, che comprende Le Nozze di Figaro e Don Giovanni, il “dramma giocoso” in due atti, troppo giocoso non è. Le due coppie di giovani fidanzati, che sembrano  perdutamente innamorati l’uno dell’altro, messi alla prova dal cinico filosofo don Alfonso, non resistono alla tentazione dell’infedeltà, ci cascano e poi si pentono. Ma la riconciliazione finale con il perdono quasi religioso delle Nozze di Figaro e la punizione del dissoluto don Giovanni qui non trovano troppo spazio.

 

L’ideale della fedeltà si è rivelato fragile, irraggiungibile, parrebbe: non resta che prendere la vita come viene, o meglio “ogni cosa pel suo buon verso”, lasciarsi guidare dalla “ragione”, secondo una illusione illuministica che però nella realtà diventa labile. Quindi, dato che “così fan tutte”, conviene rassegnarsi, e fare come se nulla fosse accaduto, perché alla fine quel che è successo potrebbe – e forse potrà – accadere ancora. Un relativismo morale dei rapporti consolidato con cinismo – molto attuale – è il risultato di questo divertissement dove le donne, come sempre in Mozart, sono il motore della vita degli uomini, piacevole o spiacevole, ma non c’è nulla da fare: esse “la fanno a così tanti” che non si può che cedere, visto che senza di loro non si può vivere. Ed è questa la lezione della "scuola degli amanti", come insegna il sottotitolo dell’opera, di cui è maestra anche la servetta disinibita Vespina.

 

A colorare la vicenda – tutto si svolge in un solo giorno, a Napoli – c’è la musica di Mozart. A cominciare dalla spigliata, sbarazzina e movimentata ouverture, passando attraverso arie, duetti e concertati in cui l’ispirazione di Amadeus va oltre le parole e arriva in qualche momento a quel clima estatico ove la musica pare contraddire il testo e la scena, tanto vola in alto limpidamente. Il terzetto Soave sia il vento, per quanto sia buffonesco nel cinico don Alfonso, è intonato dalle due giovani Dorabella e Fiordiligi con un’intima malinconia di autentico spessore poetico, come pure il terzetto E nel tuo, nel mio bicchiero di una eleganza aristocratica assoluta.

 

È vero anche che Mozart qui usa uno stile raffinatissimo, nell’orchestra come nelle voci, tanto da rasentare l’automanierismo, ed è anche vero che questo “difetto” si trova nel libretto di Da Ponte, meno fantasioso e originale rispetto ai precedenti. Tuttavia il dramma giocoso regala una musica coinvolgente, intelligente soprattutto: Amadeus ha già capito molto della vita, ci ha riflettuto ed ecco come egli la vede. La salva tuttavia la musica che tende di continuo a guadare verso una dimensione di pace, che è poi l’esito finale della riflessione mozartiana, quella che porterà all’amore simbolico e rarefatto del Flauto magico.

 

All’Accademia romana di Santa Cecilia, dove l’opera ha chiuso la stagione in forma di concerto, l’esecuzione è stata davvero godibile. Semyon Bychkov ha diretto con maestria, senso del ritmo e del canto, suscitando nell’orchestra accompagnamenti sottili, leggerezza negli strumentini, calore negli ottoni: insomma, quel sinfonismo aereo tipico solo di Mozart,  come sfondo e commento continuo del canto e dell’azione. I sei protagonisti sono stati all’altezza, assecondando con ammiccamenti comici equilibrati il respiro e il tocco dello spiritello mozartiano. Corinne Winter (Fiordiligi) e Angela Brower (Dorabella), belle voci intonate e spiritosamente drammatiche quanto basta; Markus Werba (Guglielmo) e il palermitano Paolo Fanale (Ferrando) un duo maschile dalla sicura verve attoriale. Perfetti sia il basso Pietro Spagnoli come Alfonso che la Despina della spagnola Sabina Puertolas. Un'edizione che, nonostante alcuni tagli, è apparsa finemente curata, con un Mozart scavato più del solito.

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