Le donne conquistano le convention americane

Hillary Clinton sarà la prima nella storia Usa a correre per la Casa bianca. Michelle Obama ha messo a tacere le contestazioni interne ai democratici; Ivanka Trump ha sorpreso i repubblicani per la sua statura politica, mentre Melania ha copiato dalla first lady il suo discorso ufficiale. Le convention hanno riservato non poche sorprese sui ruoli femminili  
Hillary Clinton foto Ap

Sono mogli, figlie, presidenti di partito, giovani delegate. Entusiaste e critiche, in lacrime per la sconfitta e agguerrite nella difesa delle proprie posizioni. Protagoniste di gaffe e di errori politici compromettenti, ma anche attiviste tenaci, magari in sedia a rotelle, e determinate nonostante scandali familiari e tranelli a conquistarsi un posto nella storia del loro Paese. Le convention dei due maggiori partiti degli Stati Uniti sono state dominate dalle donne e saranno loro a fare la differenza nella futura politica americana.



Hillary Clinton la scorsa notte ha ricevuto la nomination ufficiale come candidata alla presidenza degli Stati Uniti per il partito democratico. È la prima volta nella storia del Paese che una donna ha la possibilità di correre per la Casa bianca. "Questo momento è per ogni bambina che sogna in grande" ha twittato la Clinton appena il South Dakota con l’assegnazione di 15 delegati ha segnato il traguardo degli oltre 2.800 sostenitori. Una strada in salita quella della Clinton non solo per gli scandali familiari che coinvolsero il marito in una relazione con una stagista, ma anche per le sue criticatissime scelte da segretario di stato quando suggerì ad Obama di intervenire in Libia e la controffensiva dei fedelissimi al dittatore provocò l’assalto al consolato americano di Bengasi provocando la morte di molte persone. Eppure oggi è il suo giorno: un giorno che resterà nella storia del suo Paese, nonostante le tante contestazioni interne al suo stesso partito.



La convention democratica infatti non è partita sotto i migliori auspici per lei: il primo giorno, ogni qualvolta un oratore nominava il suo nome, seguivano fischi e contestazioni da parte dei sostenitori di Bernie Sanders, che qualche ora prima erano venuti a conoscenza delle mail interne al partito in cui si suggeriva di danneggiare la campagna del senatore del Vermont e preferirgli la Clinton. Comunicazioni imbarazzanti, che sono costate le dimissioni della presidente del Democratic National Committee, Debbie Wasserman. Nonostante sia sospettata un’infiltrazione dei servizi segreti russi che hanno passato le mail scottanti a Wikileaks, a pagare il prezzo più duro è stata questa donna, che avrebbe dovuto tenere il discorso di apertura della tre giorni di Cleveland e che invece ha lasciato come pegno necessario a placare le ire dei sostenitori di Sanders, che hanno duramente dichiarato di non voler sostenere la Clinton nonostante gli inviti all’unità del loro stesso candidato.



Fondamentale è stato l’apporto di Michelle Obama che ha ricevuto una standing ovation di tutta la platea democratica per aver aperto la sua casa e condiviso le preoccupazioni di una madre per il futuro dei suoi figli. “Non è una scelta tra repubblicani e democratici, tra destra e sinistra,- ha spiegato – ma di che Paese vogliamo costruire per le prossime generazioni”. “Sono qui perché c’è una sola persona di cui mi fido per questa responsabilità, che credo sia davvero qualificata per essere presidente degli Stati Uniti ed è la nostra amica Hillary Clinton. Lei è il presidente che voglio per le mie figlie e per i nostri figli”, ha concluso la first lady, capovolgendo l’umore della sala che per la prima volta, in quel giorno, non ha fischiato e protestato appena pronunciato il nome di Hillary.



Sul fronte repubblicano l’esordio più convincente ed inatteso è stato quello di Ivanka Trump, figlia del magnate statunitense che sarà avversario della Clinton nelle presidenziali. È stata lei la vera first lady che ha introdotto il padre come "un combattente" che "lotta per voi". Non è voluta entrare nelle polemiche che contrappongono il suo partito alla Clinton, ma ha piuttosto voluto portare dalla sua parte un voto femminile indeciso nell’appoggiare Trump, anche per le sue infelici uscite sulle donne. Ivanka ha mescolato memorie dell’infanzia, quando il padre le suggeriva di "pensare in grande", alle attuali condizioni delle dipendenti donne nelle aziende paterne dove sono pari agli uomini anche in termini di retribuzione. Ha letteralmente rapito la folla, questa giovane mamma 34enne, che Trump ha voluto al suo fianco anche negli affari.



Magra invece la figura della terza moglie del miliardario travolta dalle accuse di plagio per aver riportato nel suo discorso alla convention repubblicana interi passaggi di un discorso pronunciato da Michelle Obama. Melania Trump, ex modella di origine slovena, ha cercato di spiegare la sorprendente ascesa politica del marito e il suo coinvolgimento, ma quando ha cercato di mostrare orizzonti di futuro alla sala ha dovuto ricorrere alle parole della first lady. Dietro questa gaffe, amplificata estremamente dai media, c’è ancora una donna: Meredith McIver, collaboratrice della Trump Organization, che ha ammesso di aver avuto un ruolo decisivo nella stesura del discorso di Melania Trump alla convention repubblicana e dopo l’evidente plagio ha chiesto il licenziamento, ma gli è stato negato, e Trump stesso ha minimizzato dicendo che si tratta di un “piccolo errore”, che ha in realtà rivelato una fragile organizzazione e un accentramento pericolosi sul lungo termine.



Le donne di queste elezioni hanno anche un volto segnato dalle rughe dell’esperienza e uno molto giovane. Il primo appartiene a Jerry Emmett, di 102 anni, che prima di annunciare il numero dei delegati che il suo stato avrebbe assegnato ad Hillary Clinton ha ricordato l’ebrezza della madre quando fu concesso il voto alle donne e radunò i figli per far festa e farsi accompagnare al seggio. Il secondo è quello della diciassettenne Clarissa Rodriguez, delegata per il Texas, che è entrata in politica convinta da Bernie Sanders ed è grata al suo Stato per aver creduto in lei: “L’autenticità, le emozioni, la campagna mi hanno fatto davvero voglia di essere parte di tutto e di combattere per degli ideali. Voglio un nuovo partito democratico ed il momento di cambiare è adesso”.



Ed è proprio il cambiamento obbligato, impresso, provocato da queste donne, su più livelli, la vera novità di queste elezioni che magari ci sorprenderanno con un presidente donna e ancor di più con un “first husband”, mai visto nella storia degli Usa.

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