Le domande di un “Fenomeno”
Il nuovo album del più amato e odiato dei rapper nostrani è pieno zeppo di domande: da porsi e da porre a chi l’ascolta. A cominciare dall’incipit di questo suo decimo album, quasi a giustificarne l’uscita: «Vale ancora la pena di rappare per me? Insomma, ho 40 anni, il rap è una cosa per ragazzini». Fenomeno è uno dei dischi più importanti di questa stagione, perché il Nostro è uno dei pochi che continua a vendere, uno di quelli che riesce a fotografare l’ondivaghezza del panorama sociale e gli umori di una generazione che appare ancora indecisa su cosa fare e in cosa credere da grande. Non suona come un capolavoro immortale, ma come l’ennesimo tassello di percorso umano e artistico dove l’istintività primigenia cede spazio ad analisi meno barricadere e provocatorie del solito (è guarda caso il suo primo disco che non reca l’etichetta explicit lyrics), ma che fin dal primo ascolto appare come una compilation di selfie puntati sull’Italietta nostra, i suoi guasti, le sue nevrosi massmediatiche, i suoi disincanti. È un disco che suona più pop di quelli che l’hanno preceduto, ma che preserva almeno l’aura di una sincerità narrativa che in qualche modo prende, e costringe chi lo ascolta a porsele a sua volta, le sue stesse domande.
Marchigiano di Senigallia, Fabrizio Tarducci in arte Fabri Fibra fa di tutto per ribadire la propria diversità dalla massa dei colleghi-epigoni più giovani; parla e rappa da veterano, sorvolando sul fatto che oggi è più un brand che un maestro di pensiero, e anche sul fatto che lo zoccolo duro dei suoi fan è molto più giovane di lui. Ovviamente quest’ambito porta più a sbrodolare slogan che analisi profonde circa la realtà sociale che circonda e ha generato questa nuova macedonia di “canzoni”; il che vuol dire che i j-accuse e le autocritiche difficilmente serviranno a migliorarla, ma almeno alcune potrebbero far da rudimentali catalizzatori in chi lo ama per un bel po’ di riflessioni, almeno quando riescono a dribblare le tentazioni demagogiche. Dai deliri dello show-business all’elogio della propria mamma, passando dal cameo di Saviano, il disco rotola e alla fine lascia addosso l’ultima delle sue domande: «E allora?».