Le dolci ombre del Guercino

Dalla natìa Cento fino a Roma, le opere di un pittore che sa raccontare le emozioni
figliol prodigo guercino

Per capirlo, bisogna leggersi i versi del Tasso. Quelli che parlano di amore, di tenerezza, di contemplazione. Perché è così l’aria del Guercino. La rassegna romana a Palazzo Barberini (catalogo Giunti), fino al 29/4 presenta 36 opere da Cento, la cittadina emiliana natale oltre a quelle eseguite nella capitale fino alle ultime nel soggiorno bolognese, dove muore nel 1666. Un pittore barocco, dunque, ma del miglior barocco. Quello che racconta emozioni, ma non esagera.

 

Vale la pena allora fermarsi davanti al Figliol prodigo, tela di chiaroscuri così morbidi da evocare Giorgione, o di fronte ad una Madonna col bambino benedicente (1629) struggente nel sentimento fisico di amore al figlio, fatto però solo di sguardi. Ma dove si sentono i tessuti, le carni, la fisicità dell’aria. Guercino fa sentire la vita come qualcosa che tocca ogni senso fisico e spirituale. L’Ecce Homo è bello, ricorda quelli patetici di Guido Reni, ma più che di pathos parla di mestizia, di dolcezza con i colori luminosi che danno vita ad occhi indimenticabili.

 

Pittore devoto e pittore simbolico e mitologico, Guercino non si risparmia. Passa da un genere all’altro, aiutato specie in vecchiaia dalla bottega, ripete modelli, ma non stanca. Si possono ammirare le pale d’altare , le Crocifissioni meditative con quei cieli temporaleschi che vanno e vengono, i santi in pose accorate ma non banali, i gesti di un melodramma (Saul e David) recitato con sincerità. Guercino è sincero, perciò la sua arte non è mai tronfia, non inganna o seduce con effetti virtuosistici, meraviglie da sbalordire. Certo, conosce i grandi maestri: Raffaello e i veneti, prima di tutto, poi anche Michelangelo, che lo attira fino ad un certo punto. Lui è maestro di discrezione, di morbidezza.

 

Ma, fra pale ritratti simboli e storie, quello che Guercino ci dà ancor oggi è lo straordinario amore per la notte o meglio per la sera. Non per nulla la Notte, affrescata a Roma nel Casino Ludovisi, è forse la sua opera più alta. Quelle sere padane dove la luce si nasconde tra le fronde degli alberi e scende lenta sull’orizzonte, facendo emergere musiche e silenzi, scivola nei suoi dipinti come un velluto. È l’ispirazione di un pittore barocco che ha il romanticismo nel cuore. Il pathos bello del Tasso nelle corde. Un’opera per tutte: Erminia e Tancredi (1619). La sera in cui la donna ritrova l’amato è musicata con la sinfonia lenta dei gesti, delle emozioni sul punto di scoppiare ma trattenute e sul corpo di Tancredi. Intorno le nuvole scuriscono il cielo, l’ombra scende dalle colline e dalle foreste vicine, che si indovinano, a coprire di velluto la scena. Perché vi rimanga solo il sentimento. Davvero siamo davanti ad un pittore grande, un poeta della notte e dei suoi incontri.

 

Guercino, Capolavori da Cento e da Roma. Roma, Palazzo Barberini, fino al 29/4

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