Le dolcezze di Massenet
Jules Massenet, “Manon”. Roma, Teatro dell’Opera.
Seducente, vaporoso. Il “dolce” Massenet – la battuta è di Verdi – non è un genio del dramma, ma della commedia amorosa è certo un grande esperto. La storia degli amori infelici di Manon Lescaut e del cavaliere Des Grieux, nella Francia settecentesca, musicata anche da Puccini, è raccontata come un grande spettacolo per l’Opèra parigina (1884). C’era stata la rivoluzione di Wagner e Massenet fu accusato, a torto, di aver gonfiato l’orchestra, suggestionato da lui. In realtà, i cinque rapidi atti dell’opera sono trattati con uno stile leggiadro, motivi pregnanti, melodie («Ah, dispar visoni»!), di sofisticata dolcezza. Amante dei contrasti – il mondo della Belle Époque e l’aria di un convento, la campagna e il corso cittadino –, Jules indaga la passione amorosa e la sua tragedia più per accenni che per squarci, mantenendo sempre una sensibilità accesa che i colori dell’orchestra sottolineano con una eleganza tutta francese.
L’edizione romana, diretta con misura da Alain Guingal, nella regia tranquilla di Jean Louis Grinda, è stata uno spettacolo gradevole. Punto di forza, oltre al soprano leggero Anick Massis, il tenore Massimo Giordano, un Des Grieux fresco, sicuro negli acuti, morbido nel fraseggio e attore credibile.