Le coraggiose tessitrici di drap della Valgrisenche

In Valle d’Aosta un’antica tradizione tessile ha trovato nuove forme di espressione e diffusione grazie al lavoro di alcune donne imprenditrici

Lasciandosi alle spalle il paesino di Arvier, la Strada Regionale 25 della Valle d’Aosta sale velocemente, ripida, attraverso diversi tornanti. Proporzionalmente alle curve, cresce anche il mal d’auto se, invece di fissare lo sguardo davanti a te, lo lasci vagare intorno, curioso di scoprire ogni dettaglio di quel paesaggio. Mentre in valle la giornata è grigia, con i prati e i boschi dipinti di migliaia di sfumature tra il marrone e il nero, superati i 1500 metri tutto cambia: il giorno diventa sorprendentemente soleggiato e terso e, malgrado la carreggiata sia pulita, la terra, attorno, è ricoperta da almeno un metro di candida e abbacinante neve.

Valgrisanche è il nome della valle, che si allunga fino alla regione francese della Tarentaise, e anche del capoluogo, che sorge poco sopra i 1600 metri di altezza: tetti di lose, baite in legno e pietra, ma con un cuore di lana. Sì, perché Valgrisenche è anche conosciuto come il “Pays des tisserands”, il paese dei tessitori di “drap”, un tessuto di pura lana vergine ricavata dalle pecore “rosset”, una razza autoctona della Valle d’Aosta.

drapAttività che in valle si pratica fin dal lontano 1700, quando tutta la famiglia era coinvolta nel lavoro di tessitura che frequentemente si svolgeva nella stalla, luogo abbastanza grande da ospitare il telaio, ma anche caldo e umido, per lavorare meglio la lana. La madre si occupava dell’ordito, mentre era il padre, più forte, a tessere il drap, grazie a grandi telai in legno di struttura ancora rinascimentale. Gli stessi telai che oggi lavorano nel grande laboratorio della cooperativa “Les Tisserands”, erede di questa tradizione, la cui sede si trova nel centro storico del paese, vicino alla chiesa parrocchiale e al Comune.

Cappottini, sciarpe, poncho e scalda collo, ma anche coperte e tappeti colorati, ti accolgono all’entrata, assieme al tipico odore della lana vera. Subito dietro, si apre l’atelier, con lo spazio della sartoria e quello della tessitura. Oggi, al telaio piccolo, impegnata a tessere un’ampia sciarpa, c’è Renza, che lavora qui dal 1999. Alle sue spalle, dietro una vetrata gigantesca, con vista sulla vallata, sostano i telai grandi, quelli che vengono usati per realizzare su ordinazione le coperte e i tappeti. Renza è gentile, e sospende subito il suo lavoro per assecondare la nostra curiosità di turisti.

drap2«Oggi, nella cooperativa lavorano tre tessitrici, una sarta e poi, collaboriamo con un’esperta di colorazioni naturali, con cui otteniamo sfumature di colore diverse» ci spiega mostrandoci la sciarpa tesa sul suo telaio «perché originariamente, il drap si realizzava in poche varietà di bianco, come questa che sto tessendo, di grigio, nero o nella tinta “tannel”, colore del mosto dopo la spremitura».

È grazie a Renza e alle sue compagne di cooperativa che la tradizione del drap sopravvive ancora in Valgrisenche. Infatti, se all’inizio del 1900 erano ancora 56 i telai attivi nelle famiglie, dove la produzione di drap integrava le entrate provenienti dall’allevamento o dall’agricoltura, con la Grande Guerra, e la chiamata alle armi di 125 giovani su una popolazione di 547 abitanti, i telai smisero quasi totalmente di funzionare. Quest’arte subì un ulteriore duro colpo con lo spopolamento della valle, dovuta alla costruzione della diga Beauregard, le cui acque ricoprirono ben sette villaggi.

L’ultimo storico tisserand di Valgrisenche, Joseph Julien Frassy, morì nel 1950. Fu suo figlio, Jean Sulpice, ad impegnarsi perché questo mestiere e il patrimonio di conoscenze ad esso legate non andasse perduto. Grazie alla collaborazione con l’amministrazione regionale fu creato un corso di tessitura tradizionale e, nel 1969, fu creata la cooperativa “Les Tisserands”.

drapOggi, Renza e le altre socie, tutte giovanissime, hanno creato una linea di abbigliamento e accessori che vendono in negozio, ai mercati e anche sul web. Periodicamente, soprattutto in estate, organizzano dei laboratori di tessitura aperti a tutti, e l’arte tessile della Valgrisenche è insegnata anche ai bambini della locale scuola elementare.

«La cosa più difficile è far capire ai clienti il valore dei nostri capi, che sono tutti tessuti a mano con lana di pecora rosset, una razza locale che rischiava di scomparire e che, grazie anche alla micro filiera creata con l’Associazione Regionale degli Allevatori Valdostani, oggi è stata recuperata» ci confida Renza. Osservandola mentre con maestria e forza fa lavorare il telaio grande, a dire il vero, si comprende tutto il valore e la storia che c’è dietro quella trama morbida che, via via, va componendo.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons