Le conseguenze dell’amore
Le conseguenze dell’amore torna di prepotenza nelle sale dopo il trionfo a sorpresa ai David di Donatello, dove ha portato a casa i premi per il miglior film, regia, sceneggiatura, fotografia e attore protagonista. Un riconoscimento al talento di un giovane regista italiano che aveva ben impressionato al suo esordio con L’uomo in più e che si conferma capace di caratterizzare il proprio cinema con un cifra stilistica originale e coraggiosa. E di coraggio ce n’è voluto per puntare su un film come questo, un noir esistenziale denso, ovattato, claustrofobico, tutto incentrato su un personaggio (e un attore, lo straordinario Toni Servillo), giocato spesso sul filo del surreale. Intessuto di dialoghi scarni, sguardi e silenzi, e folgorato dalla luce spietata della fotografia di un Luca Bigazzi veramente ispirato. Titta di Girolamo è un cinquantenne distinto e di poche parole, all’apparenza segregatosi volontariamente in un albergo del Canton Ticino, dove conduce una vita solitaria, silenziosa ed enigmatica. Algido e distante, Titta fuma una sigaretta dietro l’altra, soffre d’insonnia e ascolta con uno stetoscopio i litigi della coppia di anziani della stanza accanto. L’unica sua attività consiste nel depositare in banca grosse somme di denaro che ogni tanto gli vengono recapitate in una valigia. In questa non-vita entra piano piano, inaspettato, l’amore, nella persona della bella barista dell’hotel, e le conseguenze del titolo saranno rovinose. Peccato che nel finale, quando entrano in scena gli scheletri tenuti fino a quel momento nell’armadio, svanisca quel sottile ermetismo che fino a quel momento aveva dato gusto e sostanza alla storia e la magia si disperda. Ma al di là di questa défaillance finale, Le conseguenze dell’amore è un film notevole per stile e spessore, sostenuto da una regia curatissima e impreziosito dalla prova magistrale di Toni Servillo, in grado di fare di Titta un personaggio che rimarrà a lungo nella memoria. Regia di Paolo Sorrentino, con Toni Servillo, Olivia Magnani, Raffaele Pisu, Angela Goodwin, Adriano Giannini. FESTA DEL CIRCO CONTEMPORANEO. Tre settimane con 40 spettacoli, due chapiteau e il castello della città che aprirà la sua Fossa Viscontea ad un suggestivo spettacolo all’aperto. Brescia diventa per il sesto anno la vetrina delle più interessanti creazioni internazionali con i debutti del collettivo Aoc, del Cnac – Centro nazionale delle arti del circo – e della Compagnia Anomalie, ma anche cantiere di lavoro con le proposte più originali degli artisti dell’ultima generazione inseriti nel progetto Giardino segreto. E occasione di scoprire un’altra acrobazia, che dalla tradizione del Maghreb trova nuovo slancio nella tessitura teatrale di Aurélien Bory. (Dal 19/6 al 8/7)