Le colline delle Langhe dichiarate patrimonio dell’umanità

«Un esempio eccezionale di paesaggio culturale inteso come prodotto dell’interazione tra uomo e natura, plasmato dalla continuità di una tradizione antica finalizzata a una produzione vinicola di eccellenza», questa la motivazione del riconoscimento a una terra che ha dato i natali allo scrittore Cesare Pavese, a Carlo Petrini fondatore di Slow food e a Enzo Bianchi della comunità di Bose
Le Langhe

Il cuore del Piemonte viticolo è ora patrimonio dell’umanità. E’ ufficiale e lo ha dichiarato l’Unesco. Si tratta di un territorio di 106 comuni delle province di Asti, Alessandria e Cuneo nella cosidetta «buffer zone», di cui 29 nella «core zone» e cioè Langa e Barolo, Castello di Grinzane, Colline del Barbaresco, Nizza e Barbera, Canelli e Asti spumante, Monferrato degli infernot. 

«Un esempio eccezionale di paesaggio culturale inteso come prodotto dell’interazione tra uomo e natura, plasmato dalla continuità di una tradizione antica finalizzata a una produzione vinicola di eccellenza» è la dicitura con cui  è stato  proclamato il 50° sito dell’Unesco. La cerimonia con la proclamazione si è svolta a Doha, in Qatar, dove la delegazione piemontese ha festeggiato il riconoscimento con i rappresentanti dell’agenzia internazionale.

L’iter per ottenere la nomina è durato dieci anni. Ci sono state varie richieste di “modifiche, in particolare quella del ridimensionamento dell’area che in un primo tempo era stata considerata troppo estesa. Da quel momento i tecnici della Siti col Politecnico hanno rielaborato il progetto, i Comuni hanno fatto varianti ai piani regolatori, la Regione ha lavorato per il Piano paesaggistico. Ed ora finalmente ecco il risultato di questo lungo lavoro di squadra.

Esultano le personalità note e i semplici viticoltori che vedono premiato assieme al territorio, prodotti di altissima qualità. Perché sono soprattutto i contadini quelli che, da generazioni, plasmano le colline del sud Piemonte per produrre vini di successo mondiale. Poi c’è chi gode di questo paesaggio e ammira queste colline nelle quattro stagioni, con la neve, col sole, durante la vendemmia.

«Queste colline le ho nella mente, nel cuore, negli occhi, nelle viscere… Ci sono nato in mezzo, sono cresciuto sotto il loro sguardo, ci ho giocato da bambino prima e dopo aver perso mia madre. Queste colline le ho viste aprirsi ad anfiteatro davanti a me ogni giorno per otto anni, quando tornavo da scuola salendo da Nizza Monferrato a Castelboglione, le ho dipinte nei miei primi quadri»: queste parole di esultanza sono espresse da Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose, nato in quella terra racchiusa tra il Bormida, il Tanaro, il Po e l’Appennino ligure, su quelle colline di Monferrato.

Cuneese invece è Carlo Petrini, fondatore dell’Università del gusto e di Slow food, che guarda in avanti e racconta: «Questo riconoscimento è sicuramente una buona notizia, che deve essere vissuta come un punto di partenza e non di arrivo, uno stimolo per incrementare la difesa del territorio e della sua cultura. Auspico che le zone circoscritte vengano effettivamente tutelate da scempi di natura paesaggistica e che non si trasformino in un oasi isolata dal resto. La stessa attenzione deve essere riservata alle aree limitrofe e dovrà estendersi il più possibile: a livello di consumo di suolo e di paesaggio». Certamente, le ricadute positive  dell’“effetto Unesco” ci saranno, ma come dice Petrini, andranno gestite e consolidate nel solco del turismo sostenibile.

Intanto, l’Associazione per il patrimonio dei Paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, è pronta ad aprire una nuova pagina. «Stiamo già lavorando per coordinare le attività previste nel piano di gestione, a partire dalla valorizzazione e dal mantenimento del patrimonio», dicono il presidente Comaschi e il direttore Cerrato. Certamente, ancora una volta aveva ragione un altro langarolo, Cesare Pavese quando nel secolo scorso scriveva della sua patria natia: «Non c’è niente di più bello di una vigna ben zappata, ben legata, con le foglie giuste e quell’odore della terra cotta dal sole d’agosto. Una vigna ben lavorata è come un fisico sano, un corpo che vive, che ha il suo respiro e il suo sudore».

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