Le Chiese dell’Asia di fronte alle sfide della globalizzazione

«Entrare nella vita delle persone; rimuovere barriere, costruire ponti di dialogo; vivere i valori essenziali della fede». Così la Federazione asiatica dei vescovi cattolici vede il ruolo della Chiesa in un continente segnato da grandi trasformazioni socio-culturali
Diocesi di Taipei

La Federazione asiatica dei vescovi cattolici (Fabc) ha tenuto nei giorni scorsi la sua 10ª Assemblea plenaria. Si tratta ormai di una storia quarantennale, nata negli anni successivi al Concilio Vaticano II, quando i vescovi asiatici dettero vita a questo organismo continentale in un mondo dove i cristiani, con l’esclusione di Filippine, Corea e Timor, restano una minuscola minoranza: appena il due per cento. Eppure il Fabc è uno degli organismi episcopali della Chiesa cattolica più vivi: si è dimostrato capace, nel corso di questi anni, di leggere i segni dei tempi e, fin dalla prima Assemblea generale tenutasi a Taipei nel 1974, ha offerto alle varie Chiese del continente una prospettiva precisa, rimasta nella storia del cristianesimo asiatico come la via dei tre dialoghi: con i poveri, con le culture dell’Asia e con le molte religioni e i milioni di rispettivi seguaci.

La riflessione di questa decima assemblea si è svolta in consonanza con il recente sinodo sulla Nuova evangelizzazione, ma ha voluto sottolineare l’esperienza quarantennale della Federazione come vera comunione dei vescovi in Asia. Da qui il titolo: “I quarant’anni del Fabc: rispondere alle sfide dell’Asia”. Come ha spiegato Thomas Menamparampil, arcivescovo emerito di Gauwathi in India e presidente dell’Ufficio per l’evangelizzazione del Fabc, il ruolo della Chiesa in Asia è sempre più quello di «entrare nella vita delle persone; rimuovere le barriere, costruire ponti di dialogo; vivere i valori essenziali della fede, stare accanto a chi soffre ingiustizie, presentare il Cristo come Parola vivente».

L’incontro si è svolto presso il centro pastorale di Xuan Loc, in Vietnam, e ha raccolto una rappresentanza più che qualificata dall’intero continente: oltre 100 delegati, eletti dalle 19 Conferenze episcopali parte della Fabc.
L’arcivescovo Menamparampil, commentando la sfida dell’evangelizzazione nel continente dell’induismo, buddhismo, confucianesimo, shintoismo e taoismo, ha sottolineato come «l'evangelizzazione non è una forma di campagna elettorale, uno spot pubblicitario, una propaganda ideologica. Non è un incontro di boxe spirituale. Non è una minaccia per il patrimonio culturale o per le identità e le tradizioni dei popoli asiatici. Cristo viene ad elevare, guarire e potenziare, non a danneggiare o distruggere tutto ciò che è di valore nell’umanità». 

In questi decenni i vescovi e i teologi in Asia si sono costantemente interrogati su come trasmettere l’annuncio evangelico perché potesse essere accettato, non come una minaccia, ma come un vero dono per le culture e le religioni del continente. «In Asia è  essenziale – ha affermato il vescovo indiano – annunciare il messaggio attraverso simboli: i cristiani devono diventare icone dell'amore di Dio per le popolazioni asiatiche». «La prima cosa da fare se vogliamo lavorare sul serio per l'evangelizzazione – prosegue Menamparampil – è entrare nella vita delle persone. Non possiamo organizzare questo lavoro a distanza. Potremo essere in grado di mantenere una potente macchina organizzativa, ma sarebbe una struttura senza vita». 

Sebbene l’Asia annoveri oggi Paesi fra i più modernizzati, vere potenze trainanti a livello mondiale – basta ricordare Cina, India, Corea, Vietnam – e nonostante la globalizzazione abbia anche qui un ruolo fondamentale nella ridefinizione di equilibri socio-culturali, è bene non ignorare, come ha affermato ancora Menamparapil, che il continente non vive «in un mondo secolarizzato, ma in una società che prende sul serio la religione». In questa parte di mondo «bisogna insistere sul terreno "Dio è vivo". Inoltre, se come credenti e come cristiani si deve ingaggiare una lotta, non è quella contro il male o la cattiveria, ma piuttosto contro i tentativi di manipolare la religione per fini politico-sociali».

In Asia si è coscienti che non è necessario radicare o piantare la fede nell’Assoluto nel cuore degli uomini. L’uomo asiatico, in modi diversi, normalmente ha già questa dimensione profondamente radicata nel suo animo. Piuttosto, si tratta di presentare Gesù Cristo come Via, Verità e Vita. Ma per poter essere capaci di questo e per essere credibili e, quindi, ascoltati «abbiamo bisogno di essere persone di fede profonda – ha sottolineato il vescovo indiano –. Ci vogliono profondità nella conversazione, profondità nelle relazioni, profondità nella comprensione della Parola di Dio, profondità nel rapporto con Dio».

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