Le Chiese cattoliche dell’Asia verso il prossimo Sinodo

A fine febbraio, presso il Baan Phu Waan, il grande Centro di formazione pastorale dell’Arcidiocesi di Bangkok (Thailandia), circa ottanta rappresentanti di diciassette conferenze episcopali asiatiche si sono riuniti per l’Assemblea continentale asiatica del Sinodo, la cui prima fase finale si svolgerà a Roma nel prossimo ottobre
Chiese cattoliche Asia
Sacerdoti indiani (Foto AP/Mahesh Kumar A.)

L’Assemblea asiatica del Sinodo, svoltasi a Bangkok, è stata l’occasione per fare un bilancio della preparazione che, per volere esplicito di papa Francesco, si era, come mai era accaduto in precedenza, attuata nelle rispettive diocesi. A Bangkok i rappresentanti dei cattolici del grande continente hanno potuto condividere esperienze pastorali ed ecclesiali, concentrandosi su vari temi e alcune problematiche che affliggono il continente. Si è parlato di sinodalità, processi decisionali, vocazioni sacerdotali, ruolo dei giovani, povertà, conflitti religiosi e clericalismo. Alla base dei lavori stava l’auspicio e l’impegno di poter procedere insieme in un vero cammino di crescita comunitaria da parte di tutta la Chiesa cattolica, che in Asia rimane una piccola minoranza, circa il 2% dell’intera popolazione.

Ne abbiamo parlato con Vanessa Siu-Wai Cheng, di Hong Kong, che ha partecipato al processo sinodale nella sua diocesi e poi all’Assemblea svoltasi in Thailandia.

In Asia, con l’eccezione delle Filippine, di Timor e, in un certo senso, della Corea del Sud, il cristianesimo è una religione fortemente minoritaria. Dai processi locali di preparazione al prossimo sinodo sono emerse riflessioni importanti sulla presenza cristiana per il futuro del continente?
Come emerge dal Documento di lavoro e anche da quello del Fabc (Federation of Asian Bishops Conferences), più volte è emersa la tendenza alla autoreferenzialità delle Chiese in Asia. Durante i lavori dell’Assemblea, si è più volte tornati sulla questione della necessità per la Chiesa di uscire da sé stessa e lanciarsi in missione per l’evangelizzazione. È un punto fondamentale, sottolineato anche nel documento che ha concluso i lavori. Nutriamo la speranza che il sensus fidei del popolo di Dio in questo continente, rappresentato nell’Assemblea, possa avere un impatto importante nelle chiese asiatiche.

Il continente asiatico è immenso e porta con sé alcune caratteristiche comuni, ma anche molte differenze oltre che frequenti fratture. Si intravede una linea comune per la presenza della Chiesa cattolica nella realtà asiatica o si preferisce dare un’assoluta priorità a problematiche e sfide locali?
Ovviamente queste diversità sono emerse, e non è stata impresa facile riuscire a sintetizzarle in modo efficace e costruttivo. Per dare un’idea di questa diversità posso dire che nel mio team di lavoro mi sono trovata come compagni di viaggio persone provenienti da Corea, Taiwan, Hong Kong, Thailandia, Myanmar, India e Filippine. Quando parliamo di differenze, dobbiamo anche ricordare che esistono in Asia grandi problemi che, pur essendo presenti dappertutto, sono acuiti anche da sperequazioni sociali. Per esempio, una delle questioni scottanti in tutto il continente è quello della povertà. Tuttavia, è necessario tener conto del fatto che l’Asia orientale (Giappone, Corea, Taiwan e Repubblica Popolare Cinese) è più ricca sia dell’Asia meridionale (Sub-continente indiano) che del Sud-Est asiatico (Myanmar, Thailandia, Laos, Cambogia, Filippine e Indonesia). Inoltre, non si può ignorare il fatto che nel nostro continente esistono rapporti e relazioni sociali che sono tipici delle diverse culture. È, quindi, necessario individuare un terreno comune su cui possiamo discutere questi aspetti, che sono anche – e spesso prima di tutto – etnici e linguistici. Tutto questo aumenta la complessità della situazione. È emerso con chiarezza che per individuare e maturare una linea comune è necessario costruire uno spirito di fratellanza. Per poterlo fare, dobbiamo essere creativi e costruire molte nuove piattaforme che permettano agli asiatici di tutto il continente di riunirsi, incontrarsi e collaborare tra loro.

È emerso il problema del ruolo del laicato a fronte di un forte clericalismo che si avverte in molte chiese del continente?
È stato un argomento al centro di molte discussioni. C’è stato un sentire comune sul fatto che il cammino sinodale vissuto bene potrebbe aiutare a ridurre la disparità fra clero e laici fino ad eliminare le tensioni esistenti e quelle potenziali. Allo stesso tempo, parlando dei laici, si è data molta attenzione alla questione della famiglia, considerata a ragione un valore intrinseco del continente asiatico.

Negli ultimi cinquant’anni le Chiese di questo continente si sono misurate sul rapporto con le grandi culture millenarie, come quelle del sub-continente indiano e del mondo cinese, e con le loro religioni. Come vivono le chiese queste grandi sfide secolari?
Per quanto riguarda il mondo cinese, i delegati presenti eravamo tre: il vescovo di Hong Kong, la sottoscritta e il sacerdote cancelliere della diocesi di Macao. Purtroppo non erano presenti rappresentanti della Chiesa nella Repubblica Popolare Cinese. Questa assenza è stata avvertita come una mancanza importante alla nostra assemblea e si sono avanzate proposte per far sì che le altre Chiese del continente possano sviluppare modalità che permettano di rendere presente questa porzione di Chiesa asiatica. D’altra parte, la delegazione indiana era molto numerosa, forse quella più rilevante dell’intera Assemblea. Con tutta probabilità, l’India può vantare, dopo le Filippine, la Chiesa cattolica in Asia più sviluppata. Comunque, in questa sede non si sono affrontate le grandi sfide con queste culture.

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