Le chiavi di casa

«Dormiva nel furgone sotto casa nostra, ora fa parte della famiglia»: un'esperienza di accoglienza
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Foto Pexels
Da diversi anni, prima della pandemia, abbiamo iniziato ad ospitare nella nostra casa, nei quattro o cinque giorni del Festival Soul Music, un uomo senegalese, Sene, che, col suo banco di oggetti artigianali africani, era approdato a Porretta.
Il primo anno ci accorgemmo di lui perché, la prima sera in cui arrivò, lo vedemmo che si stava sistemando per dormire nel furgone, parcheggiato sotto casa nostra. Io e G. andammo subito a conoscerlo e lo invitammo in casa, gli preparammo qualcosa da mangiare e il letto: la nostra abitazione era diventata la sua.
Così negli anni successivi era normale che, all’avvicinarsi della manifestazione, Sene ci chiamasse: «Fratello, sorella, arrivo!». Poi, nei due anni di pandemia, il Festival è stato sospeso e, di conseguenza, anche il suo venire da noi, ma siamo sempre rimasti in contatto con lui: ci siamo scambiati gli auguri nelle feste, mantenendo un rapporto fraterno. Lui chiamava quando nasceva un figlio, ora ne ha quattro e la sua famiglia è in Senegal.
Un giorno Sene ci ha telefonato dicendo che aveva bisogno di un aiuto economico per la sua mamma, perché era stata ricoverata in ospedale e servivano medicinali e cure costose. Abbiamo chiesto aiuto alla comunità e siamo riusciti a raccogliere la cifra utile per pagare la degenza e le cure.
Quest’anno, quando si avvicinavano i giorni del ‘Soul’ a Porretta, sia io che mio marito ci siamo ammalati di Covid. Subito abbiamo deciso di lasciargli libera la casa: io ho raggiunto G. in montagna e a lui abbiamo affidato le chiavi di casa, perché potesse essere libero di utilizzarla. Durante il Festival ogni giorno gli telefonavamo per sapere come era andato il lavoro. Sene era felice perché si sentiva parte della nostra famiglia. Alla fine della manifestazione ci siamo salutati telefonicamente e ci siamo ripromessi di sentirci presto, e gli abbiamo rinnovato la nostra disponibilità ad accoglierlo anche il prossimo anno.
Ogni volta, prima di lasciare Porretta, ci vuole lasciare un dono della sua terra: è per lui un modo per dirci grazie.
(D. e G. P. – Porretta)

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