Le bombe che l’Italia deve disinnescare
Eppure c’è chi continua a dire che “i panni sporchi si lavano in famiglia”, che non è bene alzare un polverone quando la camorra esce dalle fogne e torna a far sentire il suo puzzo nauseabondo. Sono d’accordo a una condizione: la famiglia nella quale lavare questi panni sporchi non è il quartiere, il vicolo, la città, ma l’Italia. Occorre smetterla di fare gli ipocriti e insistere solo sulle bellezze di cui Napoli straripa. Le mezze verità sono sempre mezze bugie. Giustificare, ridimensionare, negare i mali che affliggono Napoli per tutelarne l’immagine e l’economia, non le rende un buon servizio.
Di camorra Napoli e i napoletani sono stufi. Il cartello “ Chiuso per bomba” che il pizzaiolo più famoso della città (Gino Sorbillo, ndr) tiene tra le mani, è tristemente tragico. Bene sarebbe se lo issassimo sui frontoni dei palazzi, sui balconi delle sedi istituzionali, perché quella bomba ha colpito in pieno viso tutti quanti noi.
A quanto sembra, le bombe sono ritornate di moda a Napoli e dintorni. Solo ad Afragola, grosso centro a pochi chilometri dal capoluogo, in venti giorni ne sono esplose otto. Un boato ti sveglia in piena notte, in preda al panico non sai che fare. Ti guardi attorno, cerchi di capire, telefoni a parenti e amici. Poi la verità. Non sono stati i terroristi, ma i camorristi. Un sospiro di sollievo? Un supplemento di angoscia? Il nemico non viene da fuori, ma da dentro. Sembra proprio che una maledizione incomba su di noi. Ma chi fu a lanciare codesto maleficio? Come? Quando? La storia è lunga, noiosa, contraddittoria. Si presta a essere letta in mille modi.
Possibile, ci chiediamo, che non si riesce a sconfiggere questo viscido animale preistorico che va sotto il nome di camorra? Possibile che a Napoli e provincia i nostri giovani non abbiano, come tanti loro coetanei, la possibilità di commerciare, costruire, inventare, realizzare una qualsiasi impresa, lavorando con il sudore della propria fronte, godendo del frutto del loro sudore, senza dover sottostare alle umilianti, minacciose, vergognose pretese della camorra? Come fare per tenere a bada i camorristi? A chi spetta il dovere di farlo? Una persona normale dialoga, ragiona, ascolta, si mette in discussione, ma con questi parassiti della società non è possibile. Loro non dialogano, non ragionano, non ascoltano. Loro comandano, intimidiscono, minacciano. Uccidono.
La bomba che fa saltare la saracinesca non è il primo passo. Vuol dire che il proprietario di quel negozio, quell’industria, quel deposito, non si è piegato, ha fatto il muso duro. Il muso duro? Con loro? Costui o è un folle o non sa come vanno le cose. Ed ecco si passa al secondo atto, la bomba. Bada, non farci perdere la pazienza, oggi ti avvertiamo, nessuno può dirti cosa domani ti potrà accadere.
Mettetevi nei panni della mamma, dei figli, della moglie di colui che è finito nel mirino; di coloro che in quella pizzeria si recavano volentieri per passare una serata lieta; dei vicini che in piena notte saltano dal letto. E sono stanchi. Stanchi e impauriti, stanchi e depressi, stanchi e scoraggiati. No, Napoli da sola non ce la farà mai a liberarsi da questa zavorra maledetta. Ma Napoli non è un’isola sperduta nell’oceano, Napoli è Italia, è Europa. Napoli non va lasciata sola in questa lotta. Con le ultime bombe la camorra ci fa sapere che è più viva che mai, che non molla la presa, che non è disposta a farsi da parte.
I napoletani amanti della città e della verità, non devono temere di alzare la voce, scendere in strada, appellarsi alle istituzioni, per continuare a denunciare il mostriciattolo che non vuol morire. Il silenzio, la paura, la rassegnazione sono i grandi, fedeli amici dei camorristi. È giunto il tempo di chiamare a raccolta la politica, le istituzioni, la chiesa, i professionisti, gli uomini di cultura, la gente di buona volontà, per estirpare alla radice questa maledizione che va sotto il nome di camorra. Un’autentica, pesantissima, fastidiosissima palla al piede, che blocca sul nascere ogni iniziativa e non permette a tanti nostri giovani di prendere il largo nel mare della vita.