Le barriere culturali sulla disabilità

L'Italia è un Paese non a misura di disabile con ostacoli di accesso dal Parlamento agli ospedali, alle spiagge.Abbiamo ottime leggi, ma non applicate. Servono occhi per vedere la fatica di chi si imbatte quotidiamente in scalini, parcheggi occupati, catene. Commenta l'articolo
Pass disabili

Ieri, 3 dicembre, era la Giornata europea dei diritti delle persone con disabilità. Il tema di quest’anno è stato sulle barriere. Sarà annunciata anche dalla Commissione europea la città europea più impegnata sulla frontiera della accessibilità. Nelle due occasioni precedenti hanno vinto Salisburgo in Austria e Avila in Spagna. Innanzi tutto è giusto ricordare i malati di Sla che stanno combattendo una drammatica battaglia per il loro diritto a una vita degna. La politica appare assai distratta. Dopo quindici giorni dalla manifestazione di Roma, ci si muove lentamente e sulla base di scelte confuse e pasticciate.
Certo le barriere sono primariamente culturali, ma non bisogna mai dimenticare quelle concrete e materiali. Quei marciapiedi lungo la strada, quegli scalini che in un attimo tolgono la libertà e la gioia di vivere. E li incontriamo non solo in qualche comune sperduto, ma anche nelle grandi città, nei luoghi del potere istituzionale, nelle chiese, anche le più belle, nelle università, nei luoghi di lavoro.

Una volta mi è toccato aprire una discussione con un ministro perché anche per andare in Parlamento ci sono scalini. Anzi quella volta mi fu detto che per i disabili c’era una entrata sul retro e dovetti affermare con fermezza il mio diritto a passare dall’ingresso principale. E pensare che nella nostra Costituzione si legge che «è compito delle Repubblica rimuovere gli ostacoli».
Nel non vedere gli scalini e le barriere, la politica si mostra disabile. È cieca perché non vede gli ostacoli da rimuovere. È sorda perché non ascolta i cittadini disabili. È muta perché non sa dire parole di verità.
Basti pensare che nella civilissima Toscana l’83 per cento dei comuni non ha adempiuto all’obbligo di legge di scrivere il Peba (piano per il superamento delle barrire architettoniche). Solo il 17 per cento ha compiuto questo atto, che di per sé è la scrittura di un foglio.

Si trovano barriere dappertutto. La stragrande maggioranza degli ospedali non sono a misura dei disabili. La moltitudine dei bar non ha bagni per disabili. Gli stabilimenti balneari lasciano i disabili a cinquanta metri dal mare, nel pieno della sabbia. Recentemente la regione Toscana ha comprato trenta treni per pendolari, le cui toilette non sono accessibili ai paraplegici. Cose da lasciare sgomenti.

Faccio questi esempi per chiedere ai lettori di questo quotidiano e ai cittadini di avere occhi per vedere la fatica delle persone disabili nel superare uno scalino, per entrare in una toilette, per andare in spiaggia. Imparino dalla loro dignità a togliere ogni barriera culturale e materiale. È un cammino faticoso,ma ha il risultato di rendere migliore anche la nostra vita di anziani affaticati, di mamme con bimbi in carrozzina, di cittadini che non vogliono inciampare.
A Firenze hanno messo le catene ad alcune piazze per colpire i disabili, per renderli meno liberi, in cambio di una politica di muscoli ciechi. Ecco, questa è la città che fa come il gambero, va all’indietro, e davvero allora si rischia di cadere nella voragine del disprezzo degli altri.

Anche in questo l’Europa è avanti a noi. Noi abbiamo ottime leggi, ma nettamente non applicate. Basti pensare a quella sul lavoro dei disabili, piuttosto che quella sul loro diritto allo studio. Mentre l’Europa ha città più vivibili e una cultura del rispetto della persona maggiore della nostra, i nostri parcheggi per disabili sempre occupati dai furbetti del parcheggino rivelano un razzismo sottile e insopportabile. Allora imitiamo l’Europa e soprattutto difendiamo concretamente il diritto dei disabili a vivere degnamente. In questo modo vivremo degnamente anche noi. Non un solo giorno, ma tutto l’anno.

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