Le asimmetrie di una guerra
La vicenda Prigorzhin, con le sue milizie della Wagner – che una volta sarebbero state qualificate di mercenarie senza altra definizione – è esemplificatrice delle tante contraddizioni che attraversano questa guerra. Che, proprio per questo, può essere definita asimmetrica. A cominciare dal fatto che da una parte c’è una delle grandi potenze mondiali, mentre dall’altra è schierato un Paese di più modeste dimensioni, sia per popolazione che per ricchezza. E tuttavia la sproporzione viene compensata dallo schieramento occidentale che fornisce armi e consulenze varie all’alleato ucraino, in funzione antirussa e, perché no, anticinese.
Accanto a questa asimmetria fondamentale, va registrata sul terreno la presenza di varie milizie, a geometria variabile, sia in campo russo – le più celebri sono la corazzata Wagner, nelle mani del magnate Prigorzhin, e le truppe cecene guidate dal presidente Kadyrov –, che in campo ucraino – la milizia di Azov, sostanzialmente eliminata nella prima fase della guerra del 2022, e le milizie filo ucraine che stanno minacciando Belgorod e altri centri urbani in territorio russo, poco lontano dalla frontiera –.
Una asimmetria che appare a noi occidentali evidentissima, ma che forse nella realtà lo è molto di meno, e quella tra gli stili e la sostanza della comunicazione: da noi sarebbe completa e libera; a Mosca e dintorni, invece, avrebbe il carattere di propaganda governativa, senza libertà e senza pluralismo delle fonti. In realtà, al di là delle forme, la propaganda lavora efficacemente anche in Occidente, seppur sotto le mentite spoglie di un’assoluta libertà di stampa.
Poco notata è un’altra asimmetria, quella della mobilità delle truppe, ma anche dei servizi segreti e delle amministrazioni: da una parte il gigante russo appare goffo, obsoleto e macchinoso, mentre dall’altra la macchina da guerra ucraina, pur essendo di potenza inferiore, non cessa di stupire per la sua flessibilità e la sua capacità di adattarsi al mutare delle situazioni.
C’è poi la simmetria fondamentale, quella delle motivazioni, ed evidente vantaggio degli ucraini, che hanno dalla loro l’offesa da cancellare di essere stati invasi dallo straniero: è vero, certe popolazioni del Donbass di etnia, cultura e lingua russa si sentono egualmente in pericolo, ma quantitativamente l’asimmetria è più che evidente.
Ulteriore disuguaglianza da registrare è quella delle armi a disposizione, in particolare quelle che viaggiano nei cieli: se sul terreno gli ucraini hanno dimostrato un coraggio e una conoscenza del territorio decisamente superiori a quelle dei russi, nei cieli la supremazia dell’aviazione e della missilistica russa è indiscutibile. Ed è su questo vantaggio nei cieli che si sta giocando il futuro della guerra: gli F16 e i missili a medio raggio vengono richiesti insistentemente dagli ucraini, ma in compenso i russi considerano queste eventuali forniture dei membri della Nato come una vera e propria dichiarazione di guerra contro la Russia. Il che ha rallentato molto finora il sì dei Paesi occidentali.
Si potrebbe continuare, citando ad esempio l’attuale posizione diplomatica russa, in fondo favorevole allo status quo e alla stabilizzazione delle conquiste nel Donbass e in Crimea avvenute nel corso delle due guerre del 2014 e del 2022, mentre Kyiv ora è impegnata nella riconquista di tutto, o parte, del territorio perso.
Le guerre sono raramente simmetriche, cioè giocate tra potenze di livello simile, come potrebbe essere – ma Dio ce ne scampi e liberi – uno scontro a Taiwan tra cinesi e statunitensi. Le guerre sono naturalmente asimmetriche, l’attaccante ha quasi sempre l’idea di poter stravincere. L’unica perfetta uguaglianza, l’unica vera simmetria è quella delle madri dei soldati russi e ucraini che vengono uccisi in questa guerra. Potrebbero essere proprio le madri senza più figli e costringere i governati a scendere a patti e lavorare finalmente per la fine dei combattimenti e l’inizio di un percorso di pace.
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