Le asimmetriche guerre statunitensi

I numeri delle varie guerre combattute dagli Stati Uniti sono impressionanti. Quelle interne sono le più cruente: armi, alcol, droghe, fumo… Ma la questione non è solo a stelle e strisce

Le vittime militari nei campi di battaglia in cui gli Stati Uniti combattono nel mondo sono drasticamente diminuite. Così la guerra d’Afghanistan, iniziata nel 2001, che finora ha fatto più di 2.500 morti statunitensi per 3 mila miliardi di dollari di spesa, nel 2016 ha beneficiato di un budget di “appena” 30 miliardi di dollari, mentre i morti accertati tra le truppe a stelle e strisce sono stati “solo” 14 (le vittime civili, va detto, sono state invece circa 600, alla faccia delle cosiddette “guerre chirurgiche”).

Ma gli Stati Uniti stanno combattendo altre guerre, su diversi fronti interni. La prima, conosciutissima per le stragi che puntualmente si verificano quasi ogni settimana, ultima quella drammatica del concerto di Las Vegas, è quella delle armi da fuoco che circolano liberamente tra la popolazione: 33 mila sono stati i morti solo nel 2016. Nel bilancio statale di Washington, non sono state spesi soldi (almeno esplicitamente) per combattere o perlomeno limitare il prospero mercato delle armi, mentre sono state sostenute spese solo per curare le vittime delle sparatine o delle sparatorie (circa 8 miliardi). Alcuni Stati – va detto – hanno messo in atto delle forme di “educazione all’uso delle armi”, ma non è dato sapere con che fondi.

La seconda guerra è quella degli oppiacei, delle droghe sempre più disponibili e liberalizzate derivate dall’oppio. Stessa cifra, unità più unità meno: 33 mila morti nel 2016. Oltre alle spese enormi delle conseguenze mediche dei danni provocati dalle droghe (29 miliardi di dollari circa nel 2016), poco o nulla viene fatto per la prevenzione, per abbassare i costi sociali invisibili del consumo di droghe. In settimana Donald Trump (e Melania, accanto a lui, ha parlato finalmente a lungo) ha annunciato che si tratta di un’emergenza nazionale. Grandi dichiarazioni, ma il presidente non ha messo mano al portafoglio.

Bisognerebbe pure parlare della terza guerra interna, ancora più sotterranea, ancora più cruenta, quella dell’alcolismo, che negli Usa fa 88 mila vittime all’anno e che costa allo Stato 250 miliardi di dollari solo per le cure… Per la prevenzione, invece, non si trovano dati attendibili, sembra vengano spesi 6 miliardi all’anno secondo degli analisti, sempre per iniziativa di singoli Stati. E conviene tacere sulla quarta guerra, quella del fumo, che provoca “solo” 480 mila morti e immensi danni sanitari.

Ho parlato di guerre interne agli Stati Uniti, ma in realtà bisognerebbe considerarle anch’esse delle guerre globali. La produzione e il commercio delle armi, perché sono piaghe internazionale ben conosciute, e così la produzione e il commercio della droga, che ha dimensioni globali e implicazioni di ogni genere, dall’economico al politico, dal militare al culturale. Mentre le guerre contro l’alcol e il fumo sono altrettanto universali, soprattutto per i danni che provocano anche negli altri continenti. Per queste due ultime guerre, fumo e alcol, cifre analoghe a quelle statunitensi, proporzioni fatte, valgono anche per l’Europa e per numerosi Paesi asiatici e sudamericani.

Appare sempre più evidente – tra i leader mondiali, solo Bergoglio sembra denunciare sistematicamente le malefatte di tutte queste guerre – come solo delle risposte globali possano portare alla diminuzione di armi, droghe, alcol e tabacco, e a corrispettivi miglioramenti per la salute individuale e collettiva. Serve coraggio politico.

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