Le anomalie del Rosatellum e i correttivi possibili

Non si può fare una legge elettorale seguendo i sondaggi. Il risultato è un sistema disorganico che distorce la volontà dei votanti. Intervista a Pietro Adami, Associazione nazionale dei Giuristi democratici
Il presidente del Senato Piero Grasso ANSA/CLAUDIO PERI

Il calendario dei lavori del Senato prevede per martedì 24 ottobre l’esame in aula della legge elettorale definita “Rosatellum bis”. Già annunciate manifestazioni nei dintorni di Palazzo Madama per fermare l’iter di una riforma  che, secondo i più critici, toglierebbe ai cittadini il diritto di scegliere i loro parlamentari ed entrerebbe in contrasto con il principio costituzionale del voto libero ed uguale. Nel merito del testo abbiamo già intervistato Ettore Rosato del Pd, autore della legge, e Nicola Morra, M5S, nettamente contrario alla riforma

Cerchiamo di offrire ulteriori elementi di analisi e dibattito continuando il dialogo con Pietro Adami, esponente dell’Associazione dei giuristi democratici, già nostro interlocutore, come fautore del No, in occasione del referendum del 4 dicembre 2016 che ha bocciato la riforma costituzionale conosciuta comunemente come Renzi Boschi.

Si dice che possono esistere molte critiche sulla legge elettorale arrivata all’esame del Senato, ma resta il fatto che non si poteva andare al voto senza un sistema organico. Siete d’accordo?
Dobbiamo capirci. I sistemi organici sono tanti. Ci può essere un sistema tutto proporzionale, uniforme tra Camera e Senato, ed un sistema uninominale maggioritario, altrettanto uniforme.  Poi infinite varianti con dosaggi variegati tra le due componenti. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale 35/2017, che ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’Italicum, il sistema che residuava era sostanzialmente un proporzionale puro. È il sistema che è stato chiamato Consultellum, visto che, a quanto sembra, ormai in Italia dobbiamo aggiungere la desinenza -um a tutti i sistemi elettorali.

Si poteva prevedere una soluzione diversa?
Con qualche piccolo aggiustamento, proprio per garantire omogeneità nell’elezione dei due rami del Parlamento, sarebbe stato pronto per l’uso.  Fu proprio ad un incontro organizzato da Città Nuova (con il Movimento politico per l’unità, ndr) alla Camera dei Deputati, che furono individuati i tre piccoli correttivi necessari a produrre un sistema organico. La scelta è stata però diversa: non pochi ritocchi per uniformare Camera e Senato, ma riscrivere le regole dall’inizio. Occorre però capire se sia stata una scelta saggia, in prossimità della scadenza elettorale. È un principio generale che la stessa Commissione di Venezia (del Consiglio d’ Europa), nel sancire i principi fondamentali della democrazia elettorale,  ha fissato: le leggi elettorali  “ non devono poter essere modificate nell’anno che precede l’elezione”.  Il motivo è semplice. C’è la brutta abitudine di cambiare le leggi elettorali in base ai sondaggi.  Insomma di tagliarsi il vestito su misura. Anche se poi la storia ha insegnato che questi vestiti, alla prova, non cadono mai bene a chi li ha disegnati.

Quali sono i motivi più seri che rendono inaccettabile il testo approvato alla Camera?
Come certamente sapete il sistema è una riedizione corretta del sistema Mattarellum. Un terzo dei deputati saranno eletti con un sistema maggioritario uninominale, i restanti 2/3 a con il proporzionale. Quindi 231 seggi alla Camera e 102 seggi al Senato sono assegnati in collegi uninominali con formula maggioritaria, in cui vince il candidato più votato, tutti gli altri seggi con ripartizione proporzionale. Il voto assegnato al candidato, però, serve anche ad assegnare i restanti seggi, con metodo proporzionale. Questa è la critica più forte ed evidente.  In nessun sistema misto, di questo tipo, con lo stesso voto scegli il candidato stampato in grande, del collegio, ma anche i candidati stampati in piccolo, della lista bloccata del proporzionale. Insomma voti uno e scegli tre. Il senso di avere un sistema misto (e non è certo un obbligo), sarebbe proprio quello di permettere, come si diceva nei primi anni ’90, di votare la persona. L’elettore dovrebbe poter dire, nel proporzionale voto il partito, ma nel collegio scelgo la persona fisica, il mio deputato del territorio. In realtà, stante la forte ideologizzazione del voto, in Italia, questo discorso non ha mai funzionato molto. Peraltro, personalmente, non ho mai capito per quale ragione sia il territorio, inteso come entità geografica, ad esprimere il proprio rappresentante, e non, dico per dire, il movimento alpinista italiano, o quello dei ciclisti. In una comunità che oggi è organizzata in modo diverso dall’800 forse alcuni assunti andrebbero rivisti, almeno in parte.  Ad ogni modo è chiaro che se si sceglie di far eleggere un deputato con il sistema uninominale, è veramente una storpiatura poi non permettere un voto libero per il candidato e per il partito. Anzi, volendo mantenere questo sistema, a mio giudizio il candidato dell’uninominale dovrebbe stare proprio su un’altra scheda, come era in vigenza del Mattarellum. E addirittura si dovrebbe riflettere se sulla scheda dell’uninominale mettere simboli di partito.  Ed ancora, il candidato uninominale dovrebbe poter essere sostenuto, territorio per territorio, da forze politiche diverse, che convergono sulla persona.  Solo in questo modo può avere un senso reintrodurre il voto “al candidato del territorio”. Ovviamente altra critica è quella di non aver pensato un modo per reintrodurre la scelta dei candidati.

Ci possono essere correttivi possibili al Senato?
Certamente. Riproporre la norma contenuta nel testo iniziale del Rosatellum, che permetteva il voto disgiunto. E magari ammettere la scelta con preferenza nel listino.

Ma almeno l’abbassamento del quorum non va nel senso dell’accesso alla rappresentanza da voi auspicato? Assolutamente sì. È un risultato che, indipendentemente dalle ragioni contingenti per cui può essere stato raggiunto, va assolutamente nel senso di una maggiore rappresentatività del Parlamento.

Cosa ci possiamo attendere dopo il voto con questo sistema elettorale? Il sistema è stato individuato per affrontare la contingenza politica presente. Tre partiti, o agglomerati, più grandi, che con questo sistema verranno sovra-rappresentati, e qualche forza minore che, pur entrando in Parlamento, verrà sotto-rappresentata. Ne usciranno meglio le forze che hanno un buon radicamento territoriale, come la Lega, e meno bene quelli che sono votati in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.  Il beneficio per i tre grandi non è quantificabile in modo esatto, ma personalmente ritengo che un partito che supererà il 30% potrà avere almeno il 35/38% dei seggi.  Nessuno ovviamente potrà governare da solo, indipendentemente da quanto dirà in campagna elettorale.

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