Le accuse e le risposte
"The New York Times" attacca il card. Bertone e lo stesso pontefice per aver coperto un caso di pedofilia degli anni Sessanta-Settanta. Le prudenze doverose e le risposte necessarie.
Persino il Corriere della sera, con la penna di Pierluigi Battista, stigmatizza quest’oggi l’ultimo attacco che ha avuto come oggetto le due più alte cariche della Chiesa cattolica romana, Benedetto XVI e il segretario di Stato card. Tarcisio Bertone. Secondo Battista «Il ritmo delle rivelazioni si sta facendo troppo tambureggiante per non alimentare i sospetti di una crociata contro una Chiesa descritta come un ricettacolo di pedofili». Lo scrive nero su bianco un quotidiano che non può essere certo definito come “asservito” al Vaticano. Va quindi denunciata questa campagna partita da diversi punti, forse orchestrata. Certamente – e questo è un dato positivo – si dà voce alle vittime innocenti di delitti abominevoli compiuti da alcuni esponenti del clero della Chiesa cattolica; ma nel contempo si strumentalizzano tali drammi per attaccare la Chiesa nel suo complesso.
I media, poi, lo sappiamo, hanno la capacità di ingigantire un particolare pretendendo che diventi universale. E’ quello che purtroppo sta accadendo. Così come, ad esempio, è avvenuto negli anni scorsi a proposito del mondo musulmano, tacciato di essere «una congerie di terroristi» e cose ancora peggiori. Questa strategia va perciò denunciata e rifiutata risolutamente.
Nel contempo nessuno nella Chiesa sostiene che non sia ancora giunto il tempo di risposte adeguate all’emergenza. Il papa nell’ultima sua lettera alla Chiesa irlandese ha ribadito che le conseguenze di atti riprovevoli come la pedofilia debbono essere portate non solo dinanzi ai tribunali ecclesiastici, ma anche dinanzi a quelli civili. E’ un’affermazione gravida di conseguenze. In questo la chiarezza di Benedetto XVI non lascia spazio a dubbi o interpretazioni fuorvianti o minimaliste.
Ma c’è una risposta più di fondo che la Chiesa deve continuare a dare. Essa ci sembra racchiusa come sempre nelle parole del Vangelo, parole inequivocabili nel loro invito alla trasparenza («il vostro parlare sia sì sì, no no»), nella volontà di trasparenza («la verità vi renderà liberi»), nella ricerca di rispetto per i più piccoli («chi scandalizza uno di questi piccoli…»). E’ un ritorno al Vangelo vissuto, e non solo predicato, che sarà la risposta più credibile del mondo cattolico e cristiano in genere a questo tipo di «sporcizie» (parola usata dal card. Ratzinger per l’ultima Via Crucis di Giovanni Paolo II).
Vangelo, e Concilio. Il Vaticano II è stato un colossale sforzo dell’intera Chiesa cattolica per riposizionarsi nel nostro «mondo contemporaneo» ormai mutato, per rispondere alle sfide di una società cambiata per via delle rivoluzioni industriale, francese e ora anche digitale. Rileggiamo ad esempio la Gaudium et spes, il documento conciliare sulla Chiesa nel mondo. Vedremo che risposte adeguate al momento di oggi sono ben presenti in essa. E’ scritto ad esempio nelle prime righe: «Pertanto il Concilio, proclamando la grandezza somma della vocazione dell’uomo e la presenza in lui di un germe divino, offre all’umanità la cooperazione sincera della Chiesa, al fine d’instaurare quella fraternità universale che corrisponda a tale vocazione. Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l’opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito».