Le 8 ragioni del successo di Zuzana
Terremoto politico in Slovacchia. Le elezioni presidenziali hanno portato alla prima carica dello Stato Zuzana Čaputová, 45 anni, divenuta la prima donna a guidare la Slovacchia dopo il secondo turno delle elezioni presidenziali di sabato scorso, 30 marzo. Con il 58,4% dei voti, ha di gran lunga sconfitto il suo rivale, Maros Sefcovic, ex vicepresidente della Commissione europea. Zuzana Čaputová sostituisce l’attuale presidente, il liberale Andrej Kiska, che l’ha sostenuta. Femminista, divorziata, ecologista, rappresentante di un partito, la progressiva Slovacchia (Ps), che non esisteva due anni fa, il personaggio è l’ennesima dimostrazione del disincanto che regna nella politica slovacca. Anche se il plebiscito potrebbe suggerire che «è possibile conquistare la fiducia delle persone senza ricorrere a un vocabolario aggressivo», come ha detto la neo-eletta nella notte della sua vittoria, va notato il bassissimo tasso di partecipazione (41,8%) e il rafforzamento delle forze che praticano una politica “muscolosa” e aggressiva.
La prima nota che balza in evidenza è che si tratta di un risultato di protesta contro la corruzione dilagante nel Paese dopo la separazione dalla Repubblica ceca. È significativo che le prime parole della neo-eletta abbiano cercato di unire un Paese scosso da scandali e difficili equilibrismi politici: «Cerchiamo ciò che ci unisce, collochiamo la cooperazione al di sopra degli interessi personali», ha detto alla stampa nel primo contatto dopo le elezioni. Il suo avversario ha ammesso la sua sconfitta: «Gli mando un mazzo di fiori perché la prima donna presidente della Slovacchia merita un bouquet», ha detto.
Zuzana Čaputová, candidata in quanto vicepresidente di un nuovissimo Progressive Party, creato nel 2017, incarna la speranza del cambiamento verso una maggiore onestà, in un Paese che ancora fa fatica a riprendersi dall’assassinio del giornalista investigativo Jan Kuciak e della sua fidanzata in casa, nel febbraio 2018. Le indagini si sono concentrate sui rapporti criminali che coinvolgono i più alti livelli dello Stato e non sono ancora concluse. Il primo atto della nuova presidente è stato quello di porre un lumino nella via dell’assassinio. Più di 100 mila cittadini indignati erano scesi in piazza per denunciare questo crimine e chiedere una “Slovacchia degna”. L’allora primo ministro, Robert Fico, si è dimesso per lo scandalo susseguente all’assassinio, ma è rimasto a capo del partito Smer-Sd, ed è uno strettissimo alleato dell’attuale primo ministro Peter Pellegrini.
Zuzana Čaputová non avrà vita facile. Dovrà coabitare con un governo di segno diverso. Il partito Smer-Sd, in effetti, stigmatizza i musulmani, ha una visione tradizionale della famiglia, sta rivedendo l’attuale legislazione sulla libertà di stampa… Esattamente il contrario del programma elettorale della nuova eletta. Il fatto è che il Paese soffre di polarizzazione dilagante, come un po’ dappertutto nel mondo d’altronde, anche per la presenza dei social network nella campagna politica. Così, in vista delle elezioni europee, il partito al governo potrebbe essere spinto ad accentuare ulteriormente la sua convinzione antieuropeista.
Allora, cosa dice questo risultato? 8 ragioni mi sembrano plausibili. Eccole, in estrema sintesi:
1) che la popolazione vuole innanzitutto gente pulita al governo;
2) che si cercano volti giovani e puliti, donne soprattutto;
3) che il patto di Visegrad scricchiola, anche per la fatica di un Orban che cerca di non farsi espellere dal partito popolare europeo e per le difficoltà politiche interne polacche;
4) che in vista delle europee è più difficile del previsto federare i sostenitori antieuropeisti;
5) che le politiche “contro” hanno le gambe corte (la difficile Brexit non lascia indifferenti i partner);
6) che il voto è volatile in quasi tutti i Paesi dell’ex patto di Varsavia;
7) che l’etica sta rientrando nella competizione democratica, o forse era solo “dormiente”;
8) che le donne sono emergenti in politica anche ad est.