Le 16enni investite a Roma. Il parroco nell’omelia: solo Dio dà senso e pace

Il 2 gennaio l’interrogatorio del giovane ai domiciliari. Per ora l'indicibile perdita lascia spazio al silenzio e all'affetto dei cari

È stato fissato per il 2 gennaio l’interrogatorio di garanzia di Pietro Genovese. Il 20enne – figlio del noto regista Paolo – è agli arresti domiciliari da giovedì per aver investito e ucciso a Roma due sedicenni nella notte tra il 21 e il 22 dicembre. L’accusa è di omicidio stradale plurimo.

Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, che hanno ascoltato testimoni e visionato le telecamere della zona, le due amiche, Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli, tentavano di attraversare Corso Francia, nella zona nord della capitale, lontano dalle strisce pedonali e in presenza di un semaforo rosso per i pedoni, quando sono state investite dall’auto di Genovese che viaggiava al di sopra dei limiti di velocità, avendo bevuto oltre il consentito e con tracce di droga nel sangue. L’impatto, avvenuto sotto la pioggia battente e in un tratto scarsamente illuminato, è stato fatale.

Nell’ordinanza che dispone i domiciliari, il giudice per le indagini preliminari di Roma, Bernadette Nicotra, spiega le motivazioni della custodia: “Pietro Genovese è solito condurre veicoli dopo aver assunto sostanze alcoliche se non anche stupefacenti e non rispettare le norme del codice della strada. Le precedenti contestazioni e provvedimenti amministrativi non hanno avuto alcun effetto deterrente: il Genovese si è messo alla guida dell’autovettura nonostante avesse assunto bevande alcoliche e nonostante in passato gli fosse già stata ritirata la patente di guida per violazioni al codice della strada”. Il riferimento è alle contestazioni fatte in passato al ragazzo, “segnalato per ben due volte”, incorso in decurtazioni di punti dalla patente “per transito con semaforo rosso ed altre infrazioni”, e privato della stessa – restituita solo di recente – perché alla guida in possesso di hashish.

Per il giudice «questo comportamento dimostra noncuranza se non addirittura disprezzo verso i provvedimenti dell’autorità amministrativa e di pubblica sicurezza ed è sintomo di una personalità incline alla violazione delle regole». Rilevando un «concreto pericolo di reiterazione della condotta criminosa», il gip ha ritenuto «necessario limitare la libertà di movimento del Genovese».

E se i risultati dei test tossicologici hanno registrato un tasso alcolemico pari a 1,4 grammi per litro – quando il limite per i neopatentati è pari a zero – resta da chiarire se le tracce di droga trovate nel sangue dimostrino o meno che il giovane guidasse sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, che invece “potevano essere state assunte dal Genovese in epoca precedente”. Il fatto poi che il ragazzo facesse uso abituale di farmaci invita a condurre ulteriori accertamenti, come va chiarito se al momento dell’impatto stesse usando il cellulare e se avesse la visuale coperta da altri veicoli.

Del comportamento delle 16enni il gip ha poi parlato come di una «condotta vietata, incautamente spericolata» che avrebbe concorso «alla causazione del sinistro mortale».

ANSA/CLAUDIO PERI
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Questioni “tecniche” che non hanno trovato spazio, ieri, fra le mura della chiesa del Preziosissimo Sangue, gremita per la cerimonia funebre delle ragazze. Accanto ai familiari si sono stretti amici, compagni di scuola e conoscenti. All’interno e all’esterno della chiesa cartelloni con le foto di Gaia e Camilla, con su firme e testimonianze d’affetto, mentre i genitori hanno preferito lasciar fuori telecamere e autorità. Solo poche, eloquenti, parole: «La morte di un figlio è talmente innaturale da aver reso la nostra condizione indicibile […] per questo chiediamo rispetto per il nostro dolore e il nostro silenzio», hanno fatto sapere Gabriella e Edward, genitori di Gaia, mentre Marino, papà di Camilla, ha detto: «La verità è che aveva ancora tanto da darmi… il mio cuore è tutto con lei e con Gaia».

Un altro padre, quello di Pietro, orfano, in certo modo, anche lui di suo figlio, sceglie di affidarsi a un comunicato: «Il dolore per Gaia e Camilla e per i loro genitori è insopportabile. Siamo una famiglia distrutta, è una tragedia immensa che ci porteremo dentro per sempre».

ANSA/CLAUDIO PERI
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Una tragedia assurda come lo è talvolta la vita, che – ha detto nell’omelia il parroco don Gianni Matteo Botto – «non ha senso, è ingiusta, se la inquadriamo solo da quaggiù, ma acquista un senso se la inquadriamo alla luce della vita eterna, che Dio nel suo amore ci prepara». Riflettendo su ciò che fonda la speranza nei momenti di dolore, il sacerdote ha aggiunto: «Se togliamo Dio dalla vita, la nostra vita piomba nel non senso. La realtà è che abbiamo bisogno di Dio, della sua presenza, abbiamo bisogno che Gesù ci salvi. Non è una riflessione che ci darà pace ma una relazione, quella con Dio».

Cercare il senso di quanto è accaduto sarà il logorio di domani, nel vuoto che si dilata e acuisce lo strazio. Alcune risposte arriveranno. Altre probabilmente no. Cercare allora quella relazione potrà forse offrire una luce nel buio del presente.

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