Le “telefonate” a Dio di un “prete-prete”

Don Ottorino Zanon e il carisma della “missione”.
don ottorino zanon

Ecco un prete vicino alla gente, con una gran passione per la sua vocazione: don Ottorino Zanon, fondatore della Pia Società San Gaetano a Vicenza, la città dov’è nato il 9 agosto 1915. Con una santità fatta di quotidianità e di eroismi, don Ottorino ha costruito fino alla morte (Brescia, 14 settembre 1972) una pedagogia calata nella vita per dare soprattutto ai più giovani opportunità di lavoro e dignità, e per assicurare l’annuncio di Dio nelle diocesi scarse di clero, in Italia e all’estero, mediante la presenza di comunità di religiosi e l’invio di diaconi permanenti.

 

Già a dodici anni Ottorino sperava di bruciare le tappe per fare subito il prete. Salvo poi rinunciare a questo sogno immediato per crescere pazientemente alla dura scuola della vita. Trascinanti i suoi racconti delle difficoltà superate per dare corpo a quello per cui sentiva di essere chiamato.

 

Incontrando alcuni di quelli che lo hanno avuto per maestro, si viene contagiati da un vento nuovo: don Ottorino è una raffica di immagini e di parole vicine all’esperienza per parlare di Dio che si fa vicino all’uomo e alle sue debolezze, che chiama uomini e li forgia, li prova e li incanta, li fa strumenti poveri e forti: preti-preti, diceva lui, in grado non di formulare giudizi sugli uomini, ma di amare, solo amare.

 

«Dio è al telefono e lo fai attendere?» – diceva -; «Non siate troppo sicuri di voi stessi, abituatevi a stare attenti alla voce del Signore, alle telefonate che vi vengono dall’alto, e a telefonare direttamente a Dio domandandogli: Signore cosa devo fare adesso?». E ancora: «Vi raccomando di domandare a Dio attraverso la mamma: chiamate spesso al telefono la Madonna, parlate con lei e poi dite che vi passi Gesù».

 

Era consapevole delle trappole del male, sempre pronto a stroncare le opere di Dio non con grandi burrasche, ma con il contagocce della disunità, dello scoraggiamento e del dubbio.

 

Sapeva di avere scelto la sofferenza come misura della qualità della strada seguita. «Quando non trovi più sulla strada né asfalto, né paracarri, dici: ho sbagliato strada! Ora, se nella vita apostolica non troviamo più croci e difficoltà, abbiamo sbagliato strada. Dobbiamo mettere in preventivo, che ci saranno giornate nere… Sappiate fare la volontà di Dio in salita e non solo in discesa».

 

Lui, che ogni vacanza estiva aveva imparato un mestiere nuovo, aveva messo nello zaino personale le abilità che gli avrebbero permesso di aiutare i ragazzi raccolti dalla strada: infatti aveva fondato l’Istituto San Gaetano, grande santo vicentino del 1500, per rispondere alla modernità con il lavoro suo, dei diaconi e dei preti: ed ecco le case prefabbricate, una casa editrice, laboratori…

 

«Mi trovo nella situazione di uno che ha sentito una musica e non è capace di scrivere musica e di cantare e non è capace di ripetervela, ma so cosa il Signore vorrà da noi». E poiché «nulla è impossibile a Dio» e «avere alle spalle il Signore è mica la stessa cosa che non averlo», ecco fiorire una grande famiglia religiosa, approvata nel Natale 1961, con la presenza dei diaconi permanenti, che proprio don Ottorino ha contribuito a veder riconosciuti nel Concilio Vaticano II.

 

L’umanità e la testimonianza che hanno caratterizzato il suo trafficare i talenti gli hanno meritato uno stuolo di figli: oggi 82 preti e 23 diaconi e, da ultimo, anche 8 sorelle di diaconia, presenti a far unità con la Chiesa locale, si affiancano anche alle missioni in Albania, America Latina e Mozambico. Perciò don Ottorino, che voleva fin da bambino innanzitutto essere missionario, ogni tanto ha lasciato in un cantuccio la sua bicicletta per percorrere altre terre, per trovare i campi di semina per la parola di Dio, passata al setaccio sempre dell’umanità presente, con cui rendersi solidale.

 

Una parola di vita mensile raggiunge anche le realtà degli amici della Congregazione, un’intuizione nata anche dalla sintonia con la spiritualità di Chiara Lubich fondatrice del Movimento dei focolari, che don Ottorino ha incontrato nel 1964 e che subito ha sentito vicino alla sua esperienza, nella pedagogia e nella prassi.

 

Sorpresa: quella di vedermi consegnare da don Luciano il testo sbobinato dell’intervista registrata nel 1966 da Claudio Mina e da Guglielmo Boselli per Città Nuova. L’articolo, che Mina si dispiaceva di dover sintetizzare in “sole” otto cartelle, fu pubblicato poi nel 1967 ed è di una attualità sconcertante. Bentrovato, don Ottorino!

 

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