L’azzardo resta l’Eldorado delle mafie
Anche questa legislatura, è trascorsa senza che buona parte della politica dedicasse la dovuta attenzione al fenomeno del cosiddetto “gioco” d’azzardo.
D’altro canto, la misura dell’interesse nei confronti di questo tema si riscontra nei fatti: su oltre 5.500 candidati al Parlamento, solo una quindicina di loro hanno sottoscritto l’appello promosso dalla Campagna nazionale ‘Mettiamoci in gioco’ che chiedeva a gran voce l’impegno dei futuri parlamentari per una legge di riordino del comparto dei giochi.
Ma andiamo con ordine: l’azzardo in Italia, sottovalutato per troppo tempo, rappresenta in realtà una “grande bugia” che si fa sostanza per mezzo della tanto enfatizzata possibilità di cambiare in meglio la propria vita ricorrendo all’illusione dell’offerta ossessiva dell’azzardo.
Per averne contezza è sufficiente verificare le reali possibilità di vincite importanti che i vari “giochi” offrono: non mi riferisco alla mera percentuale di ritorno in vincita al giocatore, ma alle reali probabilità di ottenere una vincita milionaria.
Non di rado ed erroneamente quando si parla di azzardo si pensa solo agli apparecchi (Slot e Vlt) ma il mercato del settore è assai più articolato e prepotente. Attraverso un’offerta estremamente ridondante è possibile scommettere su di una serie di eventi spaventosi: oltre agli apparecchi (in sala oppure a distanza) ci sono le scommesse sportive, gli eventi “virtuali”, circa 10 milioni di conti gioco attivi con depositi miliardari, lotterie istantanee (gratta e vinci cartacei e online).
Un esempio: nel 2021 in Italia si sono spesi, nei soli gratta e vinci, circa 12 miliardi di euro, ovvero 32.860.932,00 di euro al giorno. Tale contesto, che viene accompagnato da una situazione socioeconomica sempre più difficile (crisi finanziarie, Covid, inflazione, caro energia), fa sì che sempre più persone tentino la fortuna: il problema è che alla fine è sempre il “banco” che vince.
Nel 2021 con la pandemia ancora in corso, sale giochi e scommesse chiuse per circa 8 mesi, sono stati veicolati nel gioco oltre 110 miliardi di euro.
Urge quindi una legge organica a livello nazionale, ma chi deve farla se non la politica? Di fronte ad un fenomeno di tale portata, ancora la politica, salvo rare eccezioni, non ha saputo dare al Paese una normativa chiara in grado di mettere ordine in modo chiaro nel mercato dei giochi.
Il problema vero è che tutto gira, come sempre accade, attorno ai soldi: i governi che nel corso degli anni si sono succeduti, pur avendo chiare indicazioni circa le problematiche che l’azzardo produce sia in termini sanitari che di contrasto all’illegalità purtroppo presente sia nel gioco illegale che in quello legale, non hanno inteso intervenire con una legge organica in materia di giochi.
Nella XVII Legislatura (la precedente di quella appena terminata) la Commissione Parlamentare Antimafia sotto la presidenza di Rosy Bindi ha approvato un’apposita relazione votata da tutti e due i rami del Parlamento dove si impegnava il governo ad attuare azioni concrete per il contrasto alle ingerenze malavitose, al riciclaggio etc. È rimasta, purtroppo, lettera morta nonostante il voto del Parlamento.
La questione più sconcertante, tuttavia, sta nell’approccio che governo e Parlamento hanno nei confronti dell’azzardo: tutto gravita attorno al “gettito” che il comparto, definito riserva dello Stato, deve assolutamente garantire all’erario.
Ci sono perfino alcuni politici secondo cui, senza il gettito dei “giochi”, non si chiuderebbero i bilanci. Una tesi paradossale e inaccettabile. Esistono in maniera abbondante gli spazi dove recuperare le risorse necessario per il bilancio dello Stato in un Paese che ogni anno registra un’evasione fiscale di oltre 100 miliardi di euro, dove la cosiddetta “economia non osservata” ne vale 200, dove si pagano giornalmente milioni di euro di penali alla UE per inadempienze di carattere ambientale e dove si danno in concessione beni dello Stato a privati per “un piatto di lenticchie”.
E invece, anziché intervenire laddove sarebbe giusto farlo, anche per una questione di giustizia sociale, si preferisce chiedere soldi al mercato del “gioco” al quale, va detto, oltre ai clienti contribuisce in maniera importante anche tutta la filiera che paga tasse altissime.
C’è poi tutto il tema delle mafie che nel settore azzardo hanno il loro ‘Eldorado’. A questo proposito ed in risposta a tutti coloro che sostengono che “se il gioco è legale” la criminalità non prospera, ripropongo ancora una volta la lettura delle carte a cui dedicare maggiore attenzione.
L’ultimo Rapporto della Direzione investigativa Antimafia conferma, se mai ce ne fosse bisogno, la grandezza degli interessi criminali nei confronti del settore: «Non trascurabile poi l’interesse mafioso verso la gestione del gioco illegale, un settore che negli ultimi decenni ha avuto un notevole sviluppo grazie all’ampliamento dell’offerta di gioco da parte dello Stato a partire dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso. In tale “giro d’affari” inevitabilmente, si creano “nuove opportunità” per la criminalità organizzata sempre pronta ad infiltrarsi nella filiera del gioco lecito.
È ormai accertata «l’esistenza di una forte compenetrazione tra l’attività dell’organizzazione mafiosa “cosa nostra” e la gestione e distribuzione sul territorio delle sale gioco e scommesse in seno alle quali, quotidianamente, si muove una mole di denaro, spesso sottratta a qualunque forma di controllo legale e fiscale, di non facile quantificazione, che va a rimpinguare significativamente le “casse” della associazione mafiosa fino a diventarne la più cospicua fonte di reddito degli ultimi anni».
È il tempo di decidere da quale parte stare. Sull’intero comparto dell’azzardo l’attuazione di sistemi di “mungitura” ha raggiunto la misura: è arrivato il momento di risolvere questo pasticcio. Muovendo dalla tutela delle persone e del reddito e passando da un robusto decremento dell’offerta vanno definite una volta per tutte le regole, non vietando ma regolamentando e anche alla svelta.
Perché mentre il tempo trascorre e la politica “nicchia”, le mafie ingrassano e le persone si impoveriscono. Anche da questo tipo di scelte si misura la credibilità di una classe politica e dirigente.