Lazio Juve in Arabia Saudita e le nostre bombe
Un silenzio mediatico imbarazzante accompagna l’uscita natalizia di due squadre italiane che giocheranno la finale di super coppa in Arabia Saudita.
Da sempre lo sport ha mantenuto rapporti tra nazioni in conflitto tra loro, ma questa volta si tratta di un tassello di una strategia industriale e commerciale verso un partner di primo livello, alleato di ferro degli Stati Uniti e, quindi, di tutto il blocco occidentale. È durato poco lo scandalo per l’uccisione efferata del giornalista Khasshogi, collaboratore di un quotidiano Usa, presso il consolato saudita in Turchia.
I bambini dello Yemen, molto meno visibili nonostante inchieste e rapporti Onu, continuano a morire a migliaia per le bombe, il colera e la carestia che colpisce una popolazione che vive le conseguenze di un conflitto che dura dal 2015.
Diverse associazioni internazionali (Il Centro europeo per i diritti umani e costituzionali, Mwatana for Human Rights, Amnesty International, Campaign Against Arms Trade, Centre Delàs e Rete Disarmo) hanno formalizzato la richiesta all’ufficio della procura del Tribunale penale internazionale di indagare «sulle responsabilità dei dirigenti delle aziende europee produttrici delle armi usate dagli stati membri della Coalizione guidata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati arabi uniti per compiere possibili crimini di guerra in Yemen».
Come riferisce Riccardo Noury , portavoce di Amnesty Italia, sono state inviate ben 350 pagine di prove all’attenzione del Tribunale penale internazionale , con riferimento puntuale a «26 attacchi aerei che hanno causato uccisioni o ferimenti di civili e danni o distruzioni di centri residenziali, scuole, ospedali e altri obiettivi protetti, come alcuni siti dichiarati patrimonio dell’umanità».
Le società chiamate in causa dall’esposto sono Airbus Defence e Space S.A. (Spagna), Airbus Defence e Space GmbH (Germania), BAE Systems Plc. (Regno Unito), Dassault Aviation S.A. (Francia), Leonardo S.p.A. (Italia), Mbda Uk Ltd. (Regno Unito), Mbda France S.A.S. (Francia), Raytheon Systems Ltd. (Regno Unito), Thales France (Francia) e Rheinmetall AG (Germania) tramite la controllata Rwm Italia S.p.A. (Italia).
Dal panorama del potere che viene esercitato da tale complesso militar industriale, si può intuire lo scarso rilievo dato agli appelli rivolti a Federcalcio di non disputare la partita Juventus – Lazio il 22 dicembre a Riad. Anche la Rai, nonostante il dissenso del sindacato interno Usigrai, dimostra di non avere il minimo dubbio sull’opportunità di trasmettere la diretta televisiva dell’evento che sarà accompagnato, prevedibilmente, dai commenti sulla presenza del pubblico femminile come segno di tolleranza del ricchissimo regno saudita.
Solo il comune di Assisi ha promosso, il 18 dicembre, un incontro pubblico (con Sardegna Pulita Pro Civitate Christiana e Donne Ambiente Sardegna), per chiedere di sospendere la partita o, almeno, evitarne la trasmissione sul canale televisivo sostenuto dal canone pubblico.
Il consigliere comunale Carlo Migliosi, presentatore della mozione “Stop alle bombe costruite in Sardegna per la guerra in Yemen”, ha detto testuale: «Da Assisi, terra di San Francesco, si levi una voce forte contro la decisione di giocare la partita in Arabia Saudita, lo sport è bellezza e non può essere sporcato dalle bombe».
Appello che resta inascoltato da un Paese come il nostro dove, solo pochi giorni prima, sono stati evacuati 53 mila residenti nella città di Brindisi per disinnescare una bomba inesplosa del secondo conflitto mondiale. Nel 2018, come ha ricordato su Avvenire lo scrittore Ferdinando Camon, sono stati ben 1990 gli interventi effettuati in Italia per disinnescare ordigni inesplosi sul territorio. Una memoria rimossa, ma da riscoprire per restare umani, almeno nella quarta domenica di Avvento del Natale 2019.