Lavoro e sindacato. Nasce Made in the World
Per anni hanno detto a Stefano Biondi, sindacalista della Cisl: «Ma come è possibile? Tu che, da cristiano, credi nella fraternità e vivi per l’unità del genere umano, come fai ad essere di parte, a fare il sindacalista?». Stefano, infatti, appartiene ad una certa generazione di rappresentante dei lavoratori, quella di matrice cattolica con una storia di irriducibile originalità anche extra parlamentare.
Ha vissuto questo impegno come una vocazione, una chiamata a stare dentro il conflitto, senza rimuoverlo o eluderlo proprio per «uscirne fuori assieme», secondo la lezione della Scuola di Barbiana. Quel tratto educativo di don Milani scorre in tante storie, come un fiume carsico che affiora quando si tratta di non poter tollerare l’ingiustizia. Stefano dice che un vero sindacalista si riconosce se è come Simone di Cirene, colui che condivide il peso della pena, della sofferenza e dello smarrimento senza neanche intuire o sperare nella resurrezione. «Ci si sente come una preda senza scampo davanti alla forza invincibile del cacciatore» usa spesso questa frase come paragone, lo stesso Biondi.
Da percorsi come questo di Stefano, che ha appena concluso un lungo servizio in Fiba Cisl come segretario regionale della Toscana e quindi nel direttivo nazionale dei bancari, ha avuto una lunga gestazione una nuova realtà nel panorama della rappresentanza del lavoro, proprio nel tempo in cui questa è messa in discussione per divisioni interne alle stesse organizzazioni, con accuse di burocratizzazione, attaccamento a posizioni di potere e mancato radicamento nelle aree dove cresce il lavoro precario, fino ad un ritorno del caporalato. L’associazione ha un nome volutamente internazionale “Made in the world” collocando la questione del lavoro a livello planetario.
Si può vedere anche un riferimento implicito, per chi conosce qualcosa del movimento sindacale internazionale, all’esperienza statunitense degli Iww, Industrial workers of the world, che agli inizi del secolo scorso si confrontarono con il capitalismo selvaggio rifiutando la separazioni in categorie professionali, appartenenze etniche, religiose con il motto: «Il torto fatto a uno è una ingiustizia fatta a tutti». Una prospettiva interessante anche per leggere il tempo attuale con miriadi dei contratti collettivi di riferimento dove interinali di diverse agenzie lavorano fianco a fianco con partite iva, lavoratori a tempo indeterminato e altre tipologie di lavoratori sorte dalla creatività giuridica e che frantumano anche il concetto di rappresentanza.
La nuova associazione è un laboratorio aperto a sindacalisti di sigle diverse e anche a lavoratori che hanno scelto di confrontarsi laicamente proprio su quella fraternità che è comparsa fin dall’inizio nel movimento operaio, ma che poi è stata abbandonata perchè declinata in versione paternalistica. In questo senso la “Made in the world” (Miw) riparte dall’articolo 3 della Costituzione italiana come “compito della Repubblica” di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». La fraternità quindi è letta come forza che rimuove gli ostacoli che limitano libertà e uguaglianza.
Su tali questioni nodali affrontate da un intervento iniziale di Biondi e di Antonella Galluzzi, della Cgil, si è dipanato il dialogo dell’incontro promosso a metà ottobre, a Firenze, all'interno di Novo Modo, una tre giorni promossa da Alci, Caritas, Legambiente, Cisl, Banca etica per interrogarsi su modelli di produzione, beni e servizi necessari al presente e al futuro, forme di economia, di politica, di società declinate nell'ottica della partecipazione e della responsabilità.
La ministro degli Affari regionali, Carmela Lanzetta, che ha aperto l’incontro ha sottolineato la sfida contenuta nel titolo dell’iniziativa “Il lavoro non è merce” proprio perché da ex sindaco di Monasterace, in Calabria, ha dovuto affrontare il potere mafioso che si alimenta sullo sfruttamento lavorativo imposto agli immigrati. Non manca il dibattito sul decisionismo del governo Renzi (“se ne faranno una ragione”) nei confronti di un mondo sindacale che vede, soprattutto dall’interno, tutte la propria inadeguatezza e impotenza di fronte ad un mondo in cambiamento che ne mette in discussione anche l'identità.
Tra migliaia di licenziamenti, dossier di crisi aziendali aperte al ministero dello Sviluppo economico, esternalizzazioni, c’è bisogno di qualcuno che si metta in mezzo con il rischio di essere incompreso e che sia disposto a prendere anche i colpi bassi, consapevole che la terra battuta sta di fatto aprendo un cammino. Questo è anche il compito di Made in the world
Per ogni approfondimento e contatto: ass.madeintheworld@gmail.com