Il lavoro degno esiste e va imitato
Chi ha partecipato a LoppianoLab 2017, ha visto Luca Raffale presentare il percorso di Slot Mob, cioè il movimento nato dal basso come esigenza di democrazia economica che si esercita, anche, tramite il voto con il portafoglio premiando i bar liberi dall’azzardo.
Una pratica di consumo responsabile che Raffaele promuove in diversi campi per ruolo di primo piano che riveste in Next (Nuova economia per tutti) rete nazionale composta da organizzazioni del Terzo settore, imprenditoriali, di consumatori, della società civile, da scuole e atenei. Luca Raffele è anche il portavoce di Cercatori di LavOro e cioè del progetto, molto concreto, promosso dalla Conferenza episcopale italiana (Cei) per «offrire alle comunità ecclesiali, spesso alle prese con problematiche drammatiche e quasi irrisolvibili di povertà e assenza di lavoro, elementi concreti di speranza e soluzioni possibili» a partire da pratiche già in essere.
A che punto è il lavoro di questo progetto così esigente che verrà presentato durante la settimana sociale dei cattolici italiani in programma a Cagliari dal 26 al 29 ottobre 2017?
Al momento abbiamo fatto una mappatura di oltre 545 “buone pratiche” in materia di lavoro coinvolgendo Diocesi e organizzazioni cattoliche e laiche presenti in tutto il territorio nazionale.
Cosa vuol dire “buone pratiche” in questo campo?
Significa ragionare secondo una logica quali-quantitativa e cioè avendo attenzione alla creazione dei posti di lavoro e all’eccellenza in termini di qualità e senso del lavoro stesso alla luce della dottrina sociale della Chiesa. Sono state selezionate, così, 402 esperienze particolarmente virtuose (308 imprese, 40 Scuole e 54 Comuni), escludendo quelle realtà operanti in settori controversi come armi, tabacco e azzardo o con gravi situazioni di insostenibilità sociale e ambientale. I parametri della rilevazione sono stati elaborati da Cei con il supporto degli indicatori presenti nell’autovalutazione partecipata di NeXt, evidenziando sensibilità e strategie in sei aree: governo dell’organizzazione aziendale, attenzione alle persone e all’ambiente di lavoro, rapporti con i cittadini e consumatori, cura nella catena di fornitura, comportamenti verso l’ambiente e la comunità locale.
Chi ci ha lavorato concretamente?
Per creare un meccanismo generativo che duri nel tempo sono stati coinvolti più di 500 giovani e volontari, in collaborazione con il progetto Policoro, che a fronte di un ciclo di formazione comune si sono mobilitati con passione per mappare e intervistare direttamente, nei luoghi di produzione del valore, le buone pratiche, facendo emergere punti di forza, aree di miglioramento ed elementi che ne permettano la trasferibilità in contesti simili.
Insomma qualcosa di molto diverso da un semplice censimento ststistico…
Esatto! Il senso dell’iniziativa non è stato quello di promuovere una ricerca bibliografica ma di far incontrare le comunità ecclesiali con amministratori, imprenditori, educatori responsabili e innovativi per stimolare un’analisi e riflessione critica dell’esperienza e far nascere attraverso incontro, confronto e dialogo nuove idee che possano essere generative sul territorio. Veri e propri cittadini attivi in grado di connettere, supportare e promuovere modelli di sostenibilità sociale e ambientale. Il percorso Cercatori di LavOro ha avuto, quindi, già un’importante funzione culturale da approfondire e migliorare ulteriormente insieme alle realtà locali coinvolte.
Non solo aziende a quanto pare….
Infatti, sono emersi esempi particolarmente virtuosi di comuni che hanno adottato delle politiche di sviluppo sostenibile, innovative e inclusive. Esistono anche Istituti scolastici in grado di realizzare accordi con imprenditori sostenibili locali per costruire vere e proprie Comunità Educanti, fornendo competenze “in azione” agli studenti e di imprese in grado di generare valore condiviso con i propri lavoratori e la comunità. Abbiamo conosciuto esperienze innovative soprattutto nei settori dei rifiuti, della moda etica e della risposta alla domanda di generatività nella fragilità (anziani, malati, disabili). Non posso svelare molto ma anche se lavoro da un po’ di anni nel settore della sostenibilità ci sono state esperienze sorprendenti che presenteremo durante i lavori a Cagliari che costituiranno la nostra base di lavoro nei prossimi anni.
Come si prevede che potrà proseguire questo lavoro dopo la settimana sociale?
Grazie al contributo di tutti i volontari a livello nazionale e locale si sono aperti numerosi scenari per “post Cagliari”, come ad esempio continuando il lavoro di mappatura e rilevazione nei territori oppure approfondendo e connettendo le “buone pratiche” rilevate con le idee di autoimprenditorialità dei giovani per favorire sempre di più un meccanismo di innovazione dal basso. Ci porremmo delle domande durante le Settimane Sociali: Come favorire la riproducibilità? Come far lavorare le comunità? Quali soluzioni di policy possono aiutare questi specifici progetti? Come creare un sistema di formazione e divulgazione condiviso su questi temi? Ma le decisioni verranno prese in modo condiviso e partecipato durante i numerosi Tavoli di lavoro previsti da don Fabio Longoni e dai professori Leonardo Becchetti e Giuseppe Notarstefano e che vedranno il coinvolgimento di esperti da tutta Italia.
Come si collega questo progetto di ricerca di buone pratiche con la necessità della denuncia che pure rientra tra gli obiettivi di Cagliari?
Dobbiamo ripensare i meccanismi di denuncia che abbiamo a disposizione, estremamente importanti così come lo sono quelli premiali. È necessario, a mio giudizio, compiere un aggiornamento degli strumenti di boicottaggio utilizzati sino ad ora. Partendo dalle esperienze positive si crea un modello di riferimento che non faccia rimanere isolate esperienze virtuose e innovative e al tempo stesso sia in grado di “contaminare” quelle realtà meno responsabili, che, se non vorranno perdere quote sempre più ingenti di mercato, dovranno cambiare le loro strategie e comportamenti in modo sostenibile, inclusivo e partecipato.