Lavorare e condividere la quotidianità

Il 2 febbraio ricorre la XXIII Giornata mondiale della vita consacrata. La ricordiamo attraverso l'esempio e l'impegno di una giovane suora dell'ordine delle suore Operaie della Santa Casa di Nazareth, la cui missione specifica è nel mondo del lavoro

Il lavoro è una delle colonne portanti su cui si fonda la società, è l’ambito in cui si possono esprimere le proprie potenzialità e le capacità di relazionarsi con gli altri. A volte, può capitare che una delle colleghe sia una suora… Elisabetta Bresciani ha 34 anni, è originaria della provincia di Bergamo, vive a Padova, lavora da 8 anni come impiegata in una cooperativa di farmacie ed è suora dal 2007. A 19 anni, dopo la maturità scientifica, Elisabetta intraprende il cammino alla ricerca della sua vocazione e incontra le suore Operaie della Santa Casa di Nazareth, un Istituto presente in varie parti del mondo (Italia, Inghilterra, Francia, Congo, Brasile, Burundi, Rwanda, Mali), nato per portare l’annuncio del Vangelo attraverso l’inserimento nel mondo del lavoro.

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«Ho scelto il carisma delle suore Operaie della Santa Casa di Nazareth per due motivi – racconta suor Elisabetta –. Il primo, perché riprende la spiritualità della Santa Famiglia nella semplicità e nella gioia di una vita ordinaria in cui è possibile sperimentare la presenza di Dio. La mia Nazareth è fatta di incontri, situazioni, luoghi, persone, sorprese e imprevisti… tutto è impreziosito dalla vicinanza di Dio. Il secondo motivo è la missione specifica nel mondo del lavoro: noi suore operaie, mosse dalla speranza cristiana dell’Amore di Cristo, ci rivolgiamo in modo particolare ai lavoratori, avendo cura di ascoltare e accompagnare le persone nel loro vissuto lavorativo, nella ricerca di un lavoro, nello svolgimento quotidiano, nelle situazioni critiche, nei cambiamenti e nelle trasformazioni che il mondo del lavoro oggi presenta a tutti».

Un modo di stare dentro la storia seguendo l’esempio di Gesù che, nel mistero dell’Incarnazione, ha assunto la natura umana e si è fatto vicino all’uomo sperimentando la fatica quotidiana del lavoro a Nazareth. «Nella vita di ogni persona, in cui la dimensione lavorativa occupa un posto molto importante, la fede in Cristo non è una parentesi, non è una cosa in aggiunta, non è da separare dalla vita, quasi fosse su un piano ideale, distante dal reale. Nelle persone che incontro al lavoro mi è offerta la possibilità di incontrare Dio… e risuonano le parole “L’avete fatto a me” (Mt 25, 40)!».

Nel posto di lavoro si trascorre buona parte della giornata e, quando le relazioni umane sono vissute con una modalità familiare, si riesce ad affrontare meglio la quotidianità. «Con i colleghi – dice suor Elisabetta – condivido la fatica e le tensioni del lavoro, ma anche le divertenti pause che ammortizzano i tempi più duri! Le relazioni belle e serene rendono più bello il lavoro! A volte un errore può scatenare una guerra oppure aiuto reciproco, dialogo e comprensione con chi ho accanto».

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È importante camminare insieme all’altro, cercare di comprenderlo, farsi compagni di strada. «Le modalità lavorative di oggi includono strumenti sempre più virtuali che diminuiscono la possibilità dell’incontro reale con il volto dell’altro, riducono la stabilità di uno spazio fisso in cui ambientarsi e richiedono comunicazioni sempre più rapide ed efficienti. Qui si presenta una grande sfida relazionale: percepire la presenza delle persone che sono coinvolte nel lavoro che svolgo e incontrarle a partire dai pochi tratti percepibili. A volte non conosco neppure il volto, ma identifico molto bene il timbro della voce dei colleghi sparsi per l’Italia che quotidianamente sento per telefono. Di alcuni neppure sento la voce, ma ricevo ogni giorno mail le cui parole scritte ora comunicano tensioni e preoccupazioni, ora offrono aiuto e collaborazione».

Insieme ad alcuni volontari, suor Elisabetta presta servizio nella zona industriale di Padova in un centro diocesano di ascolto per lavoratori, dove il primo impegno è l’ascolto. Durante l’anno visitano le aziende del territorio e, soprattutto nei tempi forti in preparazione al Natale e alla Pasqua, propongono momenti di preghiera insieme ai lavoratori. «Le soluzioni in tasca non le abbiamo, ma la Speranza del Risorto, sì! Di fronte a gravi situazioni problematiche sperimento spesso un senso di impotenza, ma la speranza cristiana ci muove a rinvigorire la fiducia e sostenere l’altro perché ritrovi la forza di non scoraggiarsi, continuare a cercare una soluzione riscoprendo e mettendo in moto tutte le proprie capacità».

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Sono tante, al giorno d’oggi, le sfide da affrontare nel mondo del lavoro. «Tra le più frequenti, una grande sfida penso sia vivere bene le continue e veloci trasformazioni, con la flessibilità giusta per affrontare il cambiamento e la serena apertura alle relazioni con le persone che incontro, con senso di corresponsabilità di un lavoro in rete fatto bene. Sperimento tutti i giorni, non solo al lavoro, ma anche nella vita fraterna in comunità, la ricchezza della diversità di età, di esperienza, di cultura e provenienza, di carattere, di attitudini e di capacità. Allo stesso tempo è anche difficile cogliere i molteplici doni di ciascuno come parte di un’unica bellezza. La rete di relazioni può essere paragonata ad una rete di salvataggio e ti sorregge, non ti fa cadere, ti impedisce di farti del male quando cadi, ti sostiene nel pericolo e ti dona un nuovo slancio verso l’alto!».

Senza lavoro è difficile sognare il futuro. Lo ha ribadito papa Francesco durante la veglia della Gmg a Panama. Nonostante le difficoltà, tuttavia, è importante camminare insieme, sostenersi l’un l’altro, non smettere di sperare. Ricorda suor Elisabetta: «Mi vengono in mente le parole che papa Francesco rivolse ai lavoratori di Cagliari, in visita nel settembre 2013, e che prendo in prestito perché ci possono veramente incoraggiare a continuare il cammino, non da soli, ma insieme: “Non lasciatevi rubare la speranza!”».

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