“L’avete fatto a me”
La giornata di Stoccarda 2004 si concluse con un grande messaggio di solidarietà che nasceva nel cuore di tutti i movimenti ed esortava a guardare oltre le frontiere, verso i poveri, in particolare verso l’Africa. Nel Vangelo di Matteo, al capitolo 25, Gesù afferma con grande chiarezza che in loro c’è il suo volto sofferente: Ciò che avete fatto ad uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Nell’amicizia e nella misericordia nei loro confronti, c’è il segreto dell’incontro con lui. Gesù nomina vari modi per incontrarlo: ho avuto fame, sete, sono stato straniero, incarcerato, nudo, ammalato. Oggi aggiungerebbe forse: ero solo, disoccupato, svantaggiato… Profughi africani in Svizzera Le testimonianze di movimenti e comunità rendono vive per noi queste parole del Vangelo. Marius Bühlmann di Vineyard di Berna: È proprio vero che il Vangelo ci apre gli occhi e ci fa vedere il bisogno degli altri attorno a noi. Il nostro fondatore, John Wimbel, diceva che per essere membro di Vineyard bisogna amare i poveri. Ma io pensavo: Noi viviamo in Svizzera!. Qui i poveri non ci sono. Nella Bibbia leggevo che ci sono alcuni gruppi di persone che Dio protegge in modo particolare: le vedove, gli orfani, i poveri e gli stranieri. Allora ho provato ad aprire gli occhi e ho visto: nella nostra chiesa venivano alcuni giovani profughi, africani. Ho deciso di andare a conoscerli. È bastato poco: la disponibilità all’incontro, un cuore aperto e gli occhi attenti all’altro. Mi hanno aperto le porte della loro casa. Da stranieri sono diventati amici. Insieme abbiamo dato vita a tante iniziative: facciamo corsi di cucito e di tedesco ad altri immigrati, distribuiamo alimenti e vestiti dopo il culto. Alcuni di loro, trasferitisi in altri Paesi, hanno fondato altre comunità di Vineyard. Così la solidarietà si allarga. Dopo l’11 settembre Anche a Esslingen, i giovani dell’Ymca hanno fatto un’esperienza molto simile. Katja Müssig: Dopo l’11 settembre il rapporto tra tedeschi e musulmani si è deteriorato: non perché le esperienze concrete fossero negative, ma perché, attraverso i media, si insinua la paura. Come Ymca abbiamo voluto stringere amicizia con i musulmani, in particolare con alcuni giovani turchi e con le famiglie che vivono a Esslingen. Sono molto religiosi. Sulla base del Vangelo vogliamo aiutarli nelle difficoltà di inserimento nella città e comunicar loro che li consideriamo come fratelli e amici. Per questo abbiamo cominciato a fare un doposcuola, contattandoli individualmente, sostenendoli negli studi, facendo sentire che sono accolti e accettati. Un futuro per chi non ce l’ha Chi è straniero trova un amico che lo accoglie, lo prende per mano e lo aiuta verso una vera integrazione. L’Europa, per essere unita, ha bisogno di questi legami che si creano tra esperienze e Paesi diversi. Come è avvenuto in Albania. Klodian Kojashi: Giovani che emigrano, gommoni, navi, clandestini. Giovani che rimangono sempre a girare per le strade, con la povertà nei vestiti e una speranza smarrita negli occhi. Senza un mestiere, senza un lavoro, senza un futuro. Questo era lo scenario con il quale convivevo ogni giorno quando ero studente di legge. Noi, con degli studenti, ci incontravamo spesso a Scutari, nella piccola chiesa di legno della parrocchia. Per noi giovani Figli della luce, un movimento nato nel 1991 sotto gli auspici del vescovo Anastasios, era importante non subire l’indifferenza. Legami profondi tra noi e il sentirsi parte del mistico corpo di Cristo attraverso l’amicizia e la crescita della conoscenza di Dio e della Chiesa attraverso il servizio sono i valori e gli obbiettivi del nostro movimento. L’amore verso il prossimo deve concretizzarsi in azioni nella vita quotidiana. Per questo, con l’aiuto di un consorzio di cooperative sociali di Pisa, abbiamo dato vita al progetto chiamato La Bottega, proprio per aiutare i giovani della mia città ad acquisire un mestiere ed a trovare un lavoro. La vera sfida è stata aiutarli ad amare quello che fanno e considerarlo importante. Sembrava impossibile, ma oggi, quando incontro questi amici che erano arrabbiati con il mondo e con la vita, e che invece oggi hanno avviato un’attività e hanno un futuro, ringrazio il Signore di avermi donato di vivere questa scommessa. Un amore più forte della morte Proseguendo il viaggio nell’Europa del dolore, ma anche della solidarietà, incontriamo la sofferenza dei malati. Il nostro mondo del benessere vorrebbe allontanare da sé ogni immagine di sofferenza. Pensiamo al triste dibattito sull’eutanasia, aperto nei nostri Paesi. Ma la nostra fede, invece, sta proprio in un amore più forte della morte. Per questo, l’incontro con il malato, l’accompagnamento nei momenti più difficili della vita, sono per un cristiano il modo di attendere insieme la resurrezione. Claudia Elwert presenta il Centro Salute- Terapia-Guarigione a Karlsruhe: Lavorando nel centro di terapia a Karlsruhe, ho potuto conoscere da vicino la disperazione di persone con diagnosi infauste, l’impotenza e i limiti di quelli che dovevano essere i loro assistenti. Mi sono chiesta: come possono persone malate incontrare un Dio che li conosce, li ama, li consola e li guarisce? C’è un abisso tra le cure sanitarie e la guarigione di Gesù. Il mio sogno era un centro dove cristiani di diverse professionalità si occupassero insieme delle persone malate. Questo sogno si è realizzato nel 1998, quando abbiamo aperto il nostro primo centro, dove abbiamo cominciato a pregare con gli ammalati. Poi mi sono ammalata anche io. Mi ha dato forza la Parola di Dio, quando Giosuè dice: Sii forte e coraggioso, non temere perché il Signore Dio è con te in tutto quello che fai (Gios 1, 9). Davvero il Signore ci ha dato la forza. Nel 2002 ci sono state messo a disposizione delle case e in ottobre di quell’anno abbiamo iniziato con il Centro Salute- Terapia-Guarigione a Karlsruhe, al quale ora sono legati vari centri di consulenza e di preghiera. Esportare la solidarietà La solidarietà, in effetti, non ha frontiere, ed è certamente uno dei valori più importanti che l’Europa può esportare. Helge Keil: Ogni anno 10-15 giovani del Wörnersberger Anker fanno una scuola di vita per approfondire la fede, sviluppare la loro personalità ed allargare i loro orizzonti. Tra i punti culmine, durante l’anno si svolge un viaggio di 15 giorni in Romania. Lì vanno a trovare fratelli e sorelle delle varie comunità e partecipano ad iniziative sociali lavorando anche uno o due giorni con loro. L’incontro con delle persone che esternamente hanno molto meno di noi fa ripensare la propria vita contrassegnata dal benessere. Cresce la gratitudine e i giovani si rendono conto che non è scontato avere una casa, un letto per dormire, una doccia. Cresce la coscienza che il benessere può e deve essere messo a disposizione degli altri. A Ulan Bator, in Mongolia Martin Rohsmann di Fcjg (Comunità libera di giovani cristiani di Lüdenscheid): Dal 1992 siamo presenti in Mongolia, un Paese in cui quasi il 52 per cento della popolazione ha meno di venti anni. Molti bambini e adolescenti vivono per strada e si scaldano rifugiandosi nelle fognature. Noi li andiamo a trovare dove sono, portando un aiuto concreto, ma anche l’amicizia e l’amore. In una delle zone più povere di Ulan Bator, a Scharhad, abbiamo costruito un asilo per bambini, dai tre ai sei anni, e un pensionato giovanile. Purtroppo il 4 dicembre dell’anno scorso un incendio ha distrutto una delle case. Siamo riusciti a salvare tutti i bambini, ma una nostra collaboratrice ha perso la vita. Questo fatto ha toccato profondamente l’opinione pubblica nel Paese. La gente ha cominciato a vedere con occhi nuovi il nostro lavoro ed il destino dei bambini. Abbiamo appena cominciato la ricostruzione della casa, che sarà più grande della precedente. Il nostro lavoro deve continuare e crescere, raggiungere i più deboli. Un sogno per l’Africa Manuela Brülls della Comunità di Sant’Egidio: Quando abbiamo avviato il programma Dream, per la cura dell’Aids e della malnutrizione in Africa, sembrava davvero un sogno. Era il 2002: in tanti Paesi, l’esistenza stessa della malattia era negata e la gente moriva. In Europa, invece, l’Aids era curabile. Perché tanta disuguaglianza? Si può accettare di essere come il ricco che mangia lautamente e non vedere accanto a sé il proprio fratello Lazzaro, coperto di piaghe? Avere a portata di mano le cure per rendergli la guarigione e la vita e non farlo? Così abbiamo iniziato, tra mille difficoltà e incomprensioni a curare l’Aids, prima in Mozambico, poi in altri Paesi dell’Africa: Malawi, Tanzania, Kenya, Guinea Bissau. Dream realizza anche un sogno che è all’origine dell’Europa unita: un legame forte con il continente africano, Eurafrica. Nei nostri centri infatti si lavora insieme, europei e africani. Dream è come un ponte che lega i due continenti: ogni anno, siamo in centinaia a partire per offrire gratuitamente il nostro servizio. È un privilegio lavorare insieme per la resurrezione dell’Africa. Per me questa resurrezione ha il volto di Ana Maria, di Felicetta, di Isaias… Giacevano nel letto, senza forze, e oggi lavorano a fianco a noi nei centri Dream, incoraggiando altri malati a iniziare la terapia. Oggi, più di 33 mila persone sono in cura. E dall’inizio del programma, 3 mila bambini sono nati sani grazie a Dream. C’è più gioia nel dare che nel ricevere : queste parole di Gesù riferite negli Atti degli Apostoli (At 20, 35) sono anche la testimonianza che i movimenti e le comunità possono dare ad un’Europa tentata dall’egoismo e dalla paura.