L’autunno romano
Istituzione universitaria Concerti (Iuc). Aula Magna dell’Università. Chiaro, conciso, equilibrato. Questo il Beethoven diretto da Christian Zacharias con la buona Orchestra de Chambre di Losanna. Zacharias offre brani dal balletto Le Creature di Prometeo, ancora fra Haydn e Mozart. Più personale il Primo Concerto per piano e orchestra, dove Christian, grande solista, si destreggia abilmente in un dialogo preciso con l’orchestra, ma con poco abbandono e una certa secchezza di suono orchestrale, troppo sonoro. Nella Quarta Sinfonia, la direzione è vivace, l’esecuzione impeccabile, scandita dagli applausi. Ma ci manca dell’anima. Il che non è poca cosa… Quanto al Requiem in do min. per coro e orchestra (1816) di Luigi Cherubini, siamo di fronte ad un tempio musicale composto, virile, privo di teatralità, penetrante come pochi lavori del genere. Cherubini ama la vita e la morte con uguale serenità, il suo Dies irae è essenziale, teso e fiducioso, la musica vive di frasi brevi, di dolcezza grave degli archi e degli ottoni. E il coro è terso come una vetrata gotica. Una musica simile va centellinata, concertata con amore, meditata. Gabriele Ferro dirigendo la dignitosa Orchestra della Toscana e il bravo Coro da camera di Praga, dimostra tecnica consumata ed esperienza, anche se ci si aspetterebbe scavo, intensità, colore in grado m a g g i o r e . Tuttavia risentire il Requiem è esperienza di pace infinitesimale, di sicurezza: e il coro di Praga la trasmette con grande partecipazione. Parco della Musica, Sala Sinopoli. Orchestra di Roma e del Lazio. Che felicità di vivere, scherzare nel Concerto in re min. di Poulenc per due pianoforti e orchestra. Sarcastico, fuggevole, nascostamente lirico, ama i contasti, rifà il verso a Mozart e fa fibrillare i due strumenti, tra la diavoleria raffinata dell’orchestra. Complici il duo pianistico Caianello-Sardi de Letto e la direzione scattante del giovane Domonkos Jeja: finalmente un concerto di sana bizzarria. Quanto alla prima esecuzione assoluta del Concerto per due pianoforti e due gruppi orchestrali di Alessandro Sbordoni, siamo di fronte ad una fantasia timbrica e coloristica vivacissima ma ben disciplinata, ricca di impasti strumentali ma pure di grazia. Come a dire che oggi la musica ancora fa sorridere, sussultare e perché no?, distrarre dal turbinio quotidiano, con intelligenza. Contemporaneo è bello, dunque, se interpretato e composto con anima. Meritato successo. Accademia Filarmonica Romana. Jeffrey Tate dirige l’Orchestra Giovanile Italiana. Fresca e dinamica quest’orchestra di giovani, il meglio del futuro italiano, già diretta da Muti e Giulini e ora da un Tate sempre rigoroso, dolce. Basta sentirne il lutto nella drammatica Sinfonia da Requiem (1941) di Britten, la gaiezza in Soir de fête di Chausson e la distesa maestosità alpina della Quarta Sinfonia di Brahms. Tate trascina i giovani in cordate sonore dai colori ora sgargianti ora tenui, senza mai deflettere: la musica diventa scuola di vita, per gli orchestrali e per il pubblico, affascinato.