L’autorità e la comunione
Autoritarismo o permissivismo, protagonismo o latitanza. Sono le facili deviazioni per chi ha responsabilità di governo, dirige un’azienda, o più semplicemente è capo di un ufficio o ha figli a carico. Specularmente, l’atteggiamento negativo di chi sta dall’altra parte può essere contestazione o sottomissione servile, resistenza passiva o disinteresse. Purtroppo non è la caricatura del vivere civile. Gli stessi atteggiamenti possono nascondersi anche nel mondo ecclesiale. Giunge dunque a proposito, in questi giorni, un documento vaticano dal titolo Il servizio dell’autorità e l’obbedienza. È indirizzato a religiosi e religiose e riflette sulla loro secolare esperienza in questo campo. Certi cliché letterari e cinematografici, descrivendo la vita religiosa, ci hanno abituati alle caricature di superiori dispotici e a sudditi devoti e obbedientissimi, senza sapere invece che nei monasteri e nei conventi si sono gettate le basi delle moderne democrazie, vedi la Charta charitatis dell’ordine di Citeaux, del 1115, un secolo prima della Magna Charta inglese. Il modello d’autorità od obbedienza offerto dal documento propone orientamenti che, se accolti e attuati, potrebbero creare in ogni entità sociale – non solo religiosa, quindi – l’ambiente idoneo per un lavoro costruttivo. Nel gruppo i compiti sono diversi, ma l’intento è convergente e unico: costruire la comunione, scoprire la vocazione del gruppo e quella di ogni singolo suo membro, creare le condizioni perché ognuno possa esprimere le proprie capacità così da realizzare sé stesso e contribuire alla realizzazione del corpo sociale. A chi gestisce l’autorità è richiesta, ad esempio, disponibilità a riconoscere in ogni fratello o sorella la capacità di cogliere la verità… fino al punto di saper riconoscere le idee altrui come migliori delle proprie; libertà da pregiudizi, da attaccamenti eccessivi alle proprie idee; il coraggio di motivare le proprie idee e posizioni, ma anche di aprirsi a prospettive nuove e di modificare il proprio punto di vista; condivisione delle responsabilità e rispetto di ciascuno nella propria giusta autonomia; favorire tra i membri il senso dell’interdipendenza, la possibilità di offrire il proprio contributo; ricordare che la pluralità di prospettive promuove l’approfondimento delle questioni e che il conflitto di idee non dovrebbe mai diventare conflitto di persone. Proposte esigenti che, dall’una e dall’altra parte, richiedono il dono delle proprie idee, con convinzione e insieme con distacco, così da far emergere quella decisione che non è più né dell’una né dell’altra, ma frutto della comunione di entrambe e che ciascuna sente sua.