L’autismo nel cinema
Quando un’opera – letteraria, teatrale o cinematografica – tocca un tema delicato come quello della disabilità, bisogna sempre valutare con prudenza ogni analisi interpretativa, stare molto attenti a riportare un corretto giudizio circa il risultato del progetto. Non basta, in questo caso, che il lavoro funzioni da un punto di vista narrativo, che scorra, che emozioni e che coinvolga. È necessario che sia prima di tutto rispettoso del tema trattato, che sia di aiuto principalmente alle persone che vivono tale condizione, alle loro famiglie, ed essere informativo, sanamente – e preziosamente – divulgativo, educativo per gli altri. È necessario evitare ogni fine speculativo, di guadagno in senso lato, di gratuita e conveniente spettacolarizzazione o distorsione dell’argomento. Il lavoro del lettore, o dello spettatore nel caso di un’opera teatrale o di un film, non è mai facile davanti a certi prodotti perché non è detto, anzi, è piuttosto improbabile, che egli possegga una preparazione specifica a riguardo. Allora, questo spettatore, anche nel caso in cui sia esperto di letteratura, di teatro o di cinema, avverte l’esigenza di una consulenza esterna, tecnica, meglio dire scientifica: avrebbe voglia di confrontarsi con un esperto, per dirgli, magari: «Guarda, espressivamente la cosa funziona, arriva, ma dice il vero? È autentica la sostanza di questo racconto? È utile o fuorviante? C’è della buona fede o il suo contrario?».
Ecco allora che per orientarsi dentro il tema dell’autismo, per esempio, anche se sarebbe meglio dire della sindrome dello spettro autistico – materia piuttosto trattata negli ultimi anni da film e serie televisive – è utile un libro dal titolo Attraverso lo schermo – Cinema e autismo in età evolutiva, edito di recente dalla casa editrice Il pensiero scientifico e scritto dal medico Maurizio Bonati, già autore o coautore di alcune centinaia di pubblicazioni scientifiche. Il suo lavoro elenca un numero massiccio di film – quasi 180 – divisi tra opere di finzione (sia per il cinema che per la televisione), serie televisive (ovvero prodotti a puntate per il piccolo schermo) e documentari sull’argomento. Per ogni lavoro, viene descritta brevemente la trama, e poi – aspetto prezioso del testo – viene offerto un punto di vista circa il modo in cui il tema della sindrome dello spettro dell’autismo – e in qualche caso più in generale della disabilità – è affrontato.
Se prima di iniziare a scandagliare i numerosi testi filmici da tutto il mondo – recenti o distanti nel tempo – ci sono capitoli introduttivi su cinema e psichiatria e su cinema e neuropsichiatria, è certamente importante la sezione in cui l’autore descrive le caratteristiche proprie della sindrome, a partire dai sintomi manifestati dalla persona. Una spiegazione propedeutica al nocciolo del tema trattato: il rapporto tra cinema e autismo, appunto, vero cuore del libro. Nel passare in rassegna moltissimi titoli, elogiandone alcuni e bocciandone altri (parecchi!), il lettore può continuare ad approfondire la conoscenza del disturbo – anzi dei disturbi – legati all’autismo, visto che questi, come spiega Bonati, possono manifestarsi a diversi livelli, e si può parlare di alto, medio o basso funzionamento, a seconda della gravità della condizione.
Uno dei film citati come meritevoli dallo studioso, il cui primo merito è quello di aver svolto un lungo lavoro di ricerca e di visionamento, è l’italiano Pulce non c’è, del 2012, diretto dal regista Giuseppe Bonito e tratto dal romanzo omonimo di Gaia Rayneri. È basato su una storia vera e parla anche della solitudine in cui una famiglia può trovarsi quando vive una situazione così particolare e complessa, a causa della scarsa preparazione o della superficialità con cui le istituzioni possono accostarsi all’argomento. Bonati recensisce il film come «una storia raccontata con sensibilità, pudore e senza pietismi», e segnala, tra le tante cose, anche alcuni documentari didattici interessanti, come quello, per esempio, di Gianni Minelli, dal titolo La sfida, che documenta un progetto per il quale 9 ragazzi con autismo hanno viaggiato in nave per 5 giorni da Livorno a La Spezia, come equipaggio di un brigantino della Marina Militare. Oppure il lavoro di Giuseppe Cacace, Lo sguardo degli aspie, che partendo dalla passione per il cinema di alcuni ragazzi con la sindrome di Asperger, racconta il loro coinvolgimento nella gestione del cineclub Detour di Roma, il tutto documentato attraverso le riprese effettuate dai ragazzi stessi. C’è molto altro nel libro di Bonati, spunti ulteriori, approfondimenti, riflessioni e considerazioni che aiutano a illuminare un argomento di cui si è iniziato a parlare abbastanza, ma non sempre in modo preciso. Un buon libro, insomma.