L’aurora è nella pallamano
Ci sono luoghi in Italia in cui per i successi sportivi si paga un prezzo più alto. L’appuntamento con Maria Zocco è in una solare trattoria sul porto piccolo di Ortigia, l’isola storica di Siracusa, mentre tutt’attorno a noi si smontano, fra gabbiani e profumi di mare, le ultime bancarelle del pesce fresco. Maria è l’anima, prima ancora di esserne la fondatrice e la presidente, dell’Eos Siracusa, squadra femminile di pallamano, uno scudetto sul petto nel 2000, una retrocessione schivata all’ultima giornata in questa stagione: “Eos è l’aurora, la dea dalle rosee braccia” spiega con orgoglio a chi la Magna Grecia l’ha assaporata solo sui libri. A Siracusa, che Cicerone non esitò a definire “la più bella fra le città greche”, le rive del fiume Ciane sono l’unica fonte in Europa dove ancora crescono i papiri e di papiro è l’originale gagliardetto che Maria mi dona. L’Eos nasce nell’81, costola dell’Ortigia, la squadra maschile che Concetto Lo Bello, arbitro per vocazione, deputato per elezione, mecenate della pallamano nell’isola e suo presidente in Italia per 14 anni, portò a tre scudetti consecutivi dall’ 87 all’89. “Lo Bello è stato un grande – racconta Maria -, una figura carismatica. Tutti gli impianti che abbiamo a Siracusa sono nati grazie alle sue idee ed alle sue battaglie: sostenuto dalle società sportive della città creò la cittadella dello sport. In provincia arrivammo a undici società di pallamano, tre nella massima serie. Ora siamo rimaste in sei: qui lo sport si va disintegrando”. Con la crisi del petrolchimico, e del suo indotto, l’economia della città è sprofondata, generando disoccupazione e degrado sociale, una situazione drammatica in cui anche lo sport ha inevitabilmente imboccato una incontrollata parabola discendente. Oggi la cittadella dello sport, sulla Balza Akradina, non lontano dall’orecchio di Dioniso, da fiore all’occhiello dell’amministrazione comunale, come la disegnò Lo Bello, che la volle solcata di siepi di rose, è frammentata da reti e cancelli a testimoniare la spartizione che se n’è fatta. Il palazzetto, che la domina, dopo 39 anni non è ancora terminato, ma almeno è agibile, grazie agli sforzi della precedente amministrazione comunale. “Però dobbiamo pagare 8.000 euro l’anno di affitto al comune – mi spiega Maria mentre varchiamo i cancelli per la partita – che così si riprende, con gli interessi, i 7.500 che ci dà di contributo “. Le atlete sistemano con cura i borsoni sotto le panchine “perché gli spogliatoi non hanno le chiavi”. Sulle magliette, da 5 anni, campeggia la scritta Ina-Assita- lia, “più che uno sponsor, una spalla sicura”. E la federazione? “Non sa dove trovare soldi – spiega con amarezza -, e così, anziché dare contributi a chi promuove la pallamano, ci chiede quasi 20 mila euro l’anno tra iscrizione e tasse gara”. Mi spiega che la pallamano è cresciuta nelle città di provincia, in Sicilia, Trentino-Alto Adige, Puglia, Venezia Giulia perché “in periferia si coltivano i piccoli sport che offrono spazi di visibilità: con passione e competenza si può riuscire a portare delle ragazzine in serie A, anche senza grandi strutture”. A questo sport, per esplodere, manca solo la visibilità in tv “perché la pallamano è bella come il calcio – spiega Maria -, è calcio giocato con le mani, è uno sport completo, spettacolare, con azioni al volo, veloci ed in contropiede, in cui tutti attaccano e tutti difendono. Non per nulla Zeman era un vecchio giocatore di pallamano e da essa presero ispirazione lui e Sacchi. Per giocarla occorre coraggio, determinazione, velocità, intelligenza e carattere. Non serve essere dei mostri, non conta l’altezza, ma il contatto fisico, e noi siamo un popolo che ama entrare in contatto”. In squadra Maria schiera due rumene, scelte con competenza e con un occhio al portafoglio nei campus estivi. Marcela Popescu ha salvato la squadra con i suoi 174 gol in 18 partite, capocannoniere del campionato. Attorno a loro un paio di protagoniste dello scudetto ed una covata di ragazzine acerbe, ma grintose, fresche dominatrici nella categoria under 16: “La nostra risorsa è il vivaio – precisa con orgoglio -, 60 ragazze. Le vado a pescare nelle scuole più derelitte, quelle frequentate dai figli di”, sono ragazze che vivono in mezzo alla strada, qualcuna è stata violentata dal padre. Vanno a scuola, ma i professori le promuovono per levarsele dai piedi, spesso rinunciando ad insegnare loro qualcosa. A queste offro di fare pallamano gratis, perché da me non si paga niente, le vesto di tutto punto, metto a loro disposizione la struttura societaria, e” le porto in giro per il mondo. Molte accettano l’offerta”. Un bell’esempio nel campo delle pari opportunità, in aiuto al ministro Prestigiacomo, anche lei di Siracusa. Che ne pensano i genitori? “Sono i primi tifosi, anche se all’inizio alcuni sono scettici. Una delle ragazzine aspettava invano, ogni giorno, di vedere la madre in tribuna: quando l’ho incontrata mi ha raccontato del marito ubriaco che la picchiava se usciva. Le ho chiesto di fare contenta questa figlia almeno una volta. Ecco l’ambiente in cui viviamo”. Prima del fischio d’inizio urlano slogan di Che Guevara, frutto delle minilezioni di storia impartite da Maria: insegna loro anche l’italiano ed il galateo, dopo aver colto colorite espressioni ed atteggiamenti sboccati in campo. Qualcuna ha cominciato persino a portarsi i libri nelle lunghe trasferte in pullman. “Tre sentimenti mi hanno spinto in 60 anni di vita – conclude Maria, mentre usciamo dal palazzetto -: l’amore, la passione e” la rabbia” detto con quella erre che solo i siculi sanno pronunciare. “Qualcuno mi piglia per pazza, anche per i soldi che ho rimesso di tasca mia. Ma mi piace farlo, perché lo sport è importante, lo reputo una cosa pulita. E con lo sport di squadra si cresce, si impara a stare in gruppo, si gioisce e si soffre insieme”. Accende la sua sigaretta mentre lo Ionio prende i delicati colori del tramonto.