L’augurio per il 2017

Bilanci dell’anno passato e propositi per quello che viene. Nessuno è indispensabile, tutti siamo irripetibili

Un anno se ne va con il carico pesante di guerre, tragedie, catastrofi naturali e industriali, con una crisi economica che qui da noi continua a colpire tanta gente ridotta a povertà, con dolori personali e collettivi, persino con il troppe volte perso senso della vita. Ma pure con un immenso patrimonio di solidarietà, di impegno civile, di preghiere religiose o laiche, di innovazioni, di benedizioni.

 

In questi giorni di fine 2016 e di inizio 2017 ci si ritrova in famiglia, in parrocchia, al bar pure, con gli amici e si fanno bilanci e propositi. Un po’ alla leggera, come per dire che comunque sia life goes on, la vita va avanti, come cantava l’ormai Nobel Bob Dylan. E come ripetiamo noi ogni volta che ricominciamo a vivere pienamente dopo una caduta, una pausa, un incidente di percorso.

 

Ecco allora un pensiero, semplice o forse addirittura banale, per il 2017, come augurio per tutti i nostri lettori di Città Nuova, per tutti e per ciascuno: nessuno di noi è indispensabile, ma ognuno di noi è unico e irripetibile. Non è una contraddizione in termini, è una realtà che nasconde il motore stesso della società. I guai, sia personali che sociali, troppo spesso vengono dal fatto che ci consideriamo indispensabili e insostituibili in quello che facciamo, e crediamo che tutto dipenda da noi, in una “volontà di potenza” che prima o poi si dimostra sterile. Ma altrettanto spesso, tanti di noi non valutino compiutamente il fatto che il nostro contributo è indispensabile per la vita in società, e che se io non porto il mio contributo, qualcosa manca a tutta l’umanità.

 

Anche Trump, anche Putin, anche Renzi, anche Cameron, anche Gentiloni, anche Berlusconi, anche Grillo, anche Francesco, anche Obama, anche Bob Dylan: nessuno è indispensabile, nessuno è Dio sceso in Terra, visto che arriva per tutti il momento di dare uno stop alla propria carriera e alle proprie ambizioni. Che tali ambizioni siano amor proprio sbandierato come amor del popolo oppure che si abbia un sincero amore per la gente. Buoni o cattivi che siamo, lo stop arriva. Tanto vale, allora, vivere «ogni istante come se fosse l’ultimo», come suggeriva Chiara Lubich, utilizzandolo al meglio per il bene altrui e anche per il proprio.

 

Ma la società non si costruisce solo con i cosiddetti “grandi uomini” e con le “grandi donne”. La società è il risultato di infinite relazioni, di infiniti impegni, di infiniti atti di misericordia delle persone anche più insignificanti. Ogni uomo è capace di relazione, impegno, misericordia. Anche i fagotti umani che si scorgono sulle strade del Tigrè etiope in attesa di chissà cosa, anche l’operaio sfruttato di una fabbrica sperduta nello Xinijang cinese, anche un minatore di Potosì in Bolivia che ha una speranza di vita di 23 anni. Chiunque può dare il suo contributo fattivo, e in realtà lo dà. Nel momento presente della vita.

 

Ecco allora l’augurio più sincero di tutto il gruppo editoriale Città Nuova (che nell’impegno al servizio dei lettori l’anno scorso vi ha presentato il nuovo apprezzato mensile e che da qualche giorno ha messo online il nuovo sito, che tanti applausi sta suscitando pur essendo in miglioramento costante): che ognuno di noi faccia la sua parte senza credersi indispensabile, ma assolutamente unico e irripetibile. Capace di libertà, di giustizia, di onestà, di speranza, di amore.

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