L’attesa di Brescia

Incontriamo l'Avvocato Michele Bonetti nel suo studio situato nel centro di Brescia. E' una persona cordiale ed estremamente disponibile. Lui stesso incarna alcuni valori tipici bresciani che il papa valorizzerà nella sua visita di domenica 8 settembre. E' il segretario della Consiglio pastorale della diocesi di Brescia e membro del comitato diocesano per la visita del papa.

Come la città vive l’attesa per la visita del papa?

«Ci stiamo preparando sotto più profili per tornare alle fonti della nostra fede: ci sono momenti di preghiera, musica, arte, convegni. Per Brescia è un’occasione unica per riscoprire il suo cittadino papa Paolo VI. Del resto, nella sua ultima enciclica, Caritas in Veritate, Benedetto XVI rilancia il magistero sociale di Montini e viene nella sua terra per inaugurare a Concesio il nuovo centro Paolo VI, che ne custodisce la memoria. Per noi bresciani è importante sottolineare che Paolo VI non è una meteora ma è il frutto di questa nostra terra, del vissuto cristiano e culturale di Brescia. La genialità e il dono di questa città è la collaborazione, che c’è sempre stata, tra presbiteri e laici. Da sempre esiste un pensare, costruire, progettare insieme per donare una sequela cristiana credibile.

E questa specificità è di attualità anche oggi per riscoprire il vero senso di essere laici e presbiteri nella Chiesa odierna e nella sinergia che può essere attuata».

 

 Questa collaborazione tra laici e presbiteri è solo un ricordo del passato?

«Per sei anni ho fatto il segretario della consulta diocesana dei laici, il luogo dove intervengono le realtà associative della città, e la mia esperienza è di una fattiva e stretta collaborazione tra tutti. Ci sono difficoltà ed anche un grande dialogo e comunione. Non ci sono né rivalità né gelosie. Ognuno cerca di dare il meglio di sé anche perché la Chiesa è più grande del proprio gruppo particolare.

Ritengo che questo sia una grande eredità del nostro passato. Anche ora che sono segretario della consulta pastorale diocesana assisto a una grande collaborazione, incoraggiata dal Vescovo».

 

L’eredità di Montini in quali altri piste è da ricondurre…

«I bresciani hanno realizzato così tante opere perché li ha ispirati un’idea montiniana, la spiritualità dell’azione. Non tanto per la smania di costruire: dall’educazione, alla cultura, alla finanza, ai giornali, alle questioni sociali. Non per dominare ma perché c’era una spiritualità che orienta l’attenzione per l’uomo nella sua interezza. Anche oggi siamo portati a costruire, fare, ma abbiamo perso l’ispirazione originaria. Montini ha da insegnare».

 

C’è una continuità nel magistero tra Ratzinger e Montini?

«Oggi molti giovani bresciani ignorano il loro papa bresciano, figurarsi se riescono a fare questo collegamento tra Benedetto XVI e Paolo VI. Proprio per questo sono certo che la visita sarà molto utile a smuovere il tepore e l’ignoranza perché noi stessi non siamo stati in grado di trasmettere la gioia di aver avuto un papa come Paolo VI. È una sfida aperta anche per il futuro».

 

Cosa è tipico dei cattolici bresciani?

«I bresciani sono persone fattive, operose, che amano la loro famiglia e la famiglia come istituzione, e amano l’educazione: pur in un mondo che rema contro, che non è in linea con i valori che la Chiesa testimonia. C’è ancora un amore per la Chiesa locale e per la parrocchia. Non immagina quante famiglie si spendono per animare gli oratori che è un’istituzione data per morta e che, invece, genera continuamente frutti nuovi nella Chiesa. La città, insomma, ha una dimensione civile e umana e tiene ancora il tessuto sociale e religioso».

 

È oggi più difficile a Brescia coniugare il verbo “accogliere” lo straniero?

«Ci sono sempre i due opposti: il rigorismo e la faciloneria di far finire tutto a tarallucci e vino. Secondo me, riscoprendo la genialità bresciana, bisogna coinvolgere gli stranieri nel processo educativo, creare dei momenti di preghiera, di formazione per favorire l’integrazione perché questa terra non è nostra ma è di qualcun altro. Nella gerarchia dei valori l’accoglienza sta nei gradini superiori, l’egoismo, invece, è un disvalore».

 

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