L’assedio alla deriva autoritaria di Morsi

Continuano le manifestazioni di piazza contro i recenti decreti del presidente. Gran parte dell’opinione pubblica egiziana non rinuncia alla libertà conquistata a Piazza Tahrir
Proteste a piazza Tahrir contro Morsi

Le notizie che arrivano dal Cairo non sono rassicuranti, ma nemmeno senza speranza. Nella giornata di ieri si è acuito lo scontro fra coloro che sostengono e quelli che protestano contro il presidente Morsi. Questi ultimi sono scesi in piazza a migliaia per manifestare di fronte al palazzo presidenziale. Le nostre fonti locali hanno evidenziato come il corteo partito da piazza Tahrir, in massima parte pacifico, sia stato caratterizzato da una grande partecipazione popolare. I manifestanti hanno marciato per circa due ore, raggiungendo il palazzo presidenziale nel quartiere di Heliopolis. La protesta, come si sa, è legata ai due sviluppi politici temuti da molti, ma adottati improvvisamente dal presidente: l’approvazione di un progetto di nuova Costituzione da approvarsi attraverso un referendum popolare convocato per il 15 dicembre e disposizioni costituzionali che danno poteri illimitati allo stesso presidente Mohammed Morsi.

I media occidentali hanno parlato di “fuga” di Morsi dal palazzo, mentre si dovrebbe dire che è partito la sera dopo la sua giornata di lavoro, niente più. La polizia, comunque, ha cercato di sedare la manifestazione sparando lacrimogeni. Una ventina di persone è rimasta ferita.

Si era saputo dalla capitale egiziana che i partiti democratici avevano convocato una manifestazione generale contro il presidente e il referendum sulla costituzione provvisoria scritta solo dagli islamisti. La cosiddetta “marcia dell'ultimo avvertimento”, partita nel tardo pomeriggio dalla moschea di Rabaa al-Adawaya, nel quartiere di Nasr, e dalla moschea di el-Nour ad Abassya, si è diretta verso il palazzo presidenziale di Heliopolis. L’emittente araba al-Jazeera ha trasmesso le immagini della dimostrazione ma con commenti solo in lingua araba. A questa situazione si è aggiunto un progressivo assembramento di forze in quella piazza Tahrir, che negli ultimi due anni e divenuta il luogo simbolo per eccellenza delle proteste democratiche degli egiziani.

Particolarmente attivo in questi giorni è stato il National Salvation Front, un gruppo che raccoglie tutti i leader dei partiti laici di opposizione, fra i quali si distnguono i nomi di due ex candidati alle presidenziali Amr Moussa e Hamdeen Sabbahi, e Mohamed el-Baradei, premio Nobel per la pace ed ex capo dell'Agenzia internazionale per il nucleare.

«L'Assemblea costituente è illegittima – afferma Hussein Abdel-Ghani, portavoce del gruppo –; essa ha prodotto una costituzione sfigurata, che ha escluso le donne, i cristiani, i lavoratori e gli intellettuali. In modo pacifico, faremo tutto ciò che è in nostro potere per evitare questo nuovo assalto degli islamisti alle istituzioni del Paese».

Un altro aspetto importante è stato l’incrinarsi del fronte dei giudici, che fino ad ieri si era mostrato compatto contro le decisioni di Morsi. Talaat Ibrahim Mohamed Abdullah, attuale capo della Corte di cassazione ed ex vice presidente della Corte costituzionale vicino ai Fratelli musulmani, ha annunciato che molti giudici hanno ora deciso di collaborare con le autorità per la preparazione del referendum.

Sebbene tutt’altro che rosee le notizie che arrivano dalla capitale egiziana, dicono in modo inequivocabile che il processo di democratizzazione è una esigenza popolare condivisa da almeno il 50 per cento  della popolazione e, quindi, nulla può essere dato per scontato. «Resta da capire – dicono alla Misna dal Cairo – quali saranno le prossime mosse politiche del presidente: oggi un suo portavoce ha sostenuto che le disposizioni costituzionali sono valide ma che, almeno per ora, potrebbero non essere attuate». In ogni caso c’è da guardare con attenzione e speranza a queste manifestazioni che esprimono una volontà popolare non universale ma certamente radicata tra la gente.

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